Il diniego dell’agenzia delle Entrate anche dopo l’estinzione della lite
La chiusura si perfeziona con la domanda e il pagamento del dovuto. Il no dell’ufficio anche dopo un anno dalla definizione può far rivivere il processo
Nel caso della definizione della lite pendente, il processo in corso non è sospeso in via automatica, ma il contribuente che intende avvalersi della definizione agevolata può farne richiesta al giudice. In tal caso, il processo è sospeso fino al 10 luglio 2023 ed entro la stessa data il soggetto legittimato ha l'onere di depositare nel fascicolo telematico, copia della domanda di definizione e del versamento del totale, o della prima rata da effettuarsi entro il 30 giugno 2023 (comma 197). Se ciò avviene il processo è dichiarato estinto, con decreto del presidente della sezione, o con ordinanza in camera di consiglio, se è stata fissata la data della decisione. Le spese del giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate (comma 198).
Questa “accelerata” estinzione del processo è una assoluta novità inserita in sede di approvazione definitiva della legge, posto che in tutte le precedenti edizioni della misura l'estinzione del processo ha sempre fatto seguito alla verifica da parte del giudice, in apposita udienza, e previa istanza di trattazione, del mancato diniego opposto dagli uffici e dei pagamenti eseguiti, mentre ora l'estinzione segue la verifica dell'avvenuta presentazione della domanda del legittimato e del pagamento del totale, o della sola prima nei termini stabiliti, ovvero entro il 30 giugno 2023.
Il fatto è che la legge prevede che l'eventuale diniego alla definizione agevolata può essere opposto dall'Agenzia (Entrate/Dogane) entro il 31 luglio 2024 (comma 200, primo periodo) e, quindi, in linea teorica, il diniego potrà essere notificato dagli uffici anche dopo un anno dalla data in cui è stato dichiarato estinto il processo, oppure mentre è ancora pendente il termine per impugnare la sentenza sulla lite originaria, anche in virtù dei nove mesi di proroga dei termini di impugnazione che scadono tra il 1°gennaio 2023 ed il 31 luglio 2023 disposti al comma 199.
Se arriva il diniego, e il contribuente decide di non impugnarlo, la lite originaria “rivive” allo stato in cui era, dopo il 10 luglio 2023 se sospeso, e così pure l’atto originario di cui era oggetto la lite pendente.
Se invece il contribuente intende contestare le ragioni del diniego può impugnarlo entro 60 giorni dalla notificazione «dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia» (comma 200, secondo periodo), ma in tali casi, c’è da fare un distinguo a seconda che la definizione della controversia sia stata richiesta «in pendenza del termine per impugnare», oppure dopo che il processo è stato dichiarato estinto.
Nel primo caso, «la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente, unitamente al diniego della definizione, entro 60 giorni dalla notifica di quest’ultimo, ovvero dalla controparte nel medesimo termine»(comma 200, terzo periodo).
Nel secondo caso, ovvero dopo che il processo è stato dichiarato estinto: «l’eventuale diniego alla definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato, e la revocazione è richiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego. Il termine per impugnare il diniego della definizione e per chiedere la revocazione è di 60 giorni dalla notificazione di cui al comma 200».
Qui si impongono alcune riflessioni.
Nel caso in cui la definizione della lite è stata chiesta «in pendenza del termine per impugnare la sentenza» e il diniego arrivi dopo il perfezionamento della definizione, ma prima che sia dichiarata l’estinzione dalla Corte di riferimento (senza che sia richiesta più alcuna istanza di trattazione della causa da parte del contribuente o dell’Agenzia) il contribuente è tenuto ad impugnare, nello stesso termine - «unitamente» - anche la sentenza riferita alla lite originaria; sentenza che, si noti, se il processo originario non è stato sospeso su richiesta della parte, potrà anche non coincidere con quella depositata al 1° gennaio 2023 (su cui resta fermo il calcolo del dovuto), oppure è stata depositata entro la data della presentazione della domanda di definizione (possibile fino al 30 giugno 2023) la sentenza del ricorso iscritto in primo grado di cui si era chiesta la definizione). E infatti, la definizione della lite è ammessa purché il processo sia pendente e, quindi, non si sia concluso con una pronuncia definitiva alla data della presentazione della domanda di definizione ovvero entro il 30 giugno 2023 (comma 192).
Resta il fatto che una volta impugnato il diniego e impugnata ad opera del contribuente - o dell’ ufficio - «unitamente» - la sentenza pendente al 1° gennaio 2023 “rivive” il giudizio sull’atto originario al grado ove era pendente, e si incardina un nuovo giudizio sul diniego.
A questo punto occorre chiedersi l’utilità di questa “doppia” e “congiunta” impugnazione del diniego con quella da introdursi per impugnare “unitamente” la sentenza il cui termine era (ancora) pendente alla data di presentazione della domanda di definizione se, più ragionevolmente, questa facoltà andrebbe posticipata all’esito della decisione del giudice, e solo se di rigetto sul diniego. E infatti, ove venisse accolta l’impugnazione del diniego, resterebbe confermato l’avvenuto perfezionamento della definizione, così come richiesta dal contribuente e non occorrerebbe proseguire la lite originaria.
In tal modo si eviterebbe:
1 l’ introduzione di un “doppio giudizio” sul diniego e sulla lite originaria “cumulativamente”, ovvero con un unico atto complesso in cui dovrà chiedersi, in via preliminare, la decisione sul diniego e, in via subordinata, e solo ove il diniego dovesse essere rigettato, l’esame della lite ancora in contestazione al grado di riferimento;
2 il pagamento del contributo unificato da parte del contribuente (e non dell’Agenzia), deve credersi, doppio per il diverso parametro di riferimento del valore della lite in causa e sul diniego, pari a quello determinato in base alle diverse percentuali applicate per l’invocata definizione, mentre sulla lite originaria, è quello parametrato al deciso sulla lite originaria ancora in contestazione;
3 l’onere a carico della sola parte privata di sopportare i costi della difesa sul diniego, semmai avvalendosi dell’assistenza di un dottore commercialista e, nello stesso atto, ove vada impugnata “anche” una sentenza di II grado in Cassazione, di quelli necessari per avvalersi di un avvocato cassazionista.