Improrogabile la distinzione tra impianti fissi e macchinari industriali degli opifici
Una delle problematiche più dibattute nel mondo industriale queste deriva dalla attuale, purtroppo abbastanza diffusa, erronea applicazione operativa della normativa catastale in tema di determinazione della rendita catastale, che indirettamente si ripercuote sulla tassazione immobiliare e segnatamente nell'applicazione dell'imposta patrimoniale, tanto sugli immobili strumentali produttivi (industriali o agricoli), quanto sulle nostre case di abitazioni, indifferentemente dalla specifica denominazione: IMU o TASI.
Mentre la normativa in tema di tassazione immobiliare è mutata nel tempo, in particolare con l'introduzione della patrimoniale sugli immobili, quella che detta le regole per l'accertamento della rendita catastale è ferma agli anni '30-40 del secolo scorso (R.D. n. 652/39, DPR 1142/49, art. 10 lg. n. 843/42). Tale circostanza dovrebbe far sì che almeno in questo ultimo settore non possano, ormai, essere più presenti ombre di dubbi comportamentali; tuttavia non è così e la conferma di ciò ci viene dall'ascolto delle cronache quotidiane che portano alla luce casi di accertamenti fiscali a loro volta derivanti da preliminari accertamenti catastali non conformi.
Pur di far cassa, si perviene ai paradossi di assimilare macchinari industriali ad immobili (pur di assoggettarli fittiziamente all'IMU), duplicare l'imposizione (IMU su terreni agricoli e fabbricati rurali annessi), nonché all'applicazione dell'IMU ai fabbricati inagibili (improduttivi di reddito e di fatto non costituenti un vero patrimonio) per effetto del terremoto o altre calamità naturali.
Circa il secondo punto, corre l'obbligo di una preliminare precisazione. Occorre non dimenticare che, a legislazione corrente, le rendite dei terreni agricoli sono comprensive dell'incidenza dei fabbricati rurali strumentali (sia abitativi che per fini produttivi agricoli) e che i fabbricati rurali sono stati censiti solo per fini inventariali per pervenire ad un quadro completo del patrimonio edilizio nazionale. Per cui l'applicazione dell'IMU ad entrambi i cespiti (quando costituiscono una azienda agraria) costituisce una incostituzionale duplicazione di tassazione.
Ma in questo contesto, quello che si vuole prioritariamente commentare è invece l'accertamento della rendita catastale degli opifici industriali, tanto alla luce della legislazione corrente, quanto nell'ottica di quello che si va profilando per la riforma del catasto dei fabbricati (decreto legislativo in corso di approvazione).
Su questa tematica, come in precedenza evidenziato è bene precisare che la normativa è ferma agli anni '30-40 in quanto le disposizioni – uniche successivamente intervenute - di cui all'articolo 1 – quinquies del decreto legge del 31 marzo 2005, n. 44– “recante disposizioni urgenti in materia di enti locali” – aggiunto in sede di conversione, dalla legge 31 maggio 2005, n. 88, sono di interpretazione autentica, come anche rilevato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 162/2008 e dalle copiose sentenze di Corte di Cassazione in tema di inclusione delle turbine nella stima della rendita catastale delle centrali elettriche.
Con tale ultima norma , è stato previsto che l'articolo 4 della legge catastale, approvata con regio decreto legge del 13 aprile 1939, n. 652, si interpreta, limitatamente alle centrali elettriche “nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell'art. 10 del citato regio decreto legge, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze dell'attività industriale di cui al periodo precedente anche se fisicamente non incorporati al suolo.”
Una ambigua interpretazione di questa ultima normativa, che può essere solo frutto di una analisi superficiale, porterebbe a pensare che il valore di ogni componente presente in un opificio tale da caratterizzarne la destinazione economica, a maggior ragione se di grande dimensione (concetto stupido che collega la immobiliarità alla mole di un oggetto), deve essere incluso nella stima della rendita catastale. È evidente come, in tale ristretta ottica, ogni componente presente nello stabilimento industriale contribuisce a costituire un complesso unico finalizzato alla produzione e quindi apparentemente considerato come caratterizzante l'opificio.
Ad una più attenta analisi della norma, quale non è mancata anche con la circolare n. 6/2012 dell'Agenzia del Territorio, richiamata nella legge di stabilità n. 190/2014 (art. 1, comma 244), non può sfuggire come produzione industriale svolta nell'opificio e caratteri immobiliari degli edifici siano concetti diversi. Per cui una componente può benissimo essere essenziale per la produzione industriale ma può non avere alcuna connessione strutturale e funzionale (indipendentemente dal mezzo di unione) con l'edificio costituente l'opificio e quindi non presentare carattere di immobiliarità.
Un macchinario, per quanto grande possa essere, che sia collocato all'interno di un edificio o all'esterno di esso, che sia bullonato o meno, spesso può non caratterizzare l'opificio quale complesso immobiliare, ma solo costituire un bene strumentale per la produzione.
Ad esempio un altoforno o un forno di un panificio industriale (ma anche di una pizzeria censita nel gruppo D), componenti che potrebbero essere anche esse associate, in via più lasca a macchinari, hanno invece sicuramente carattere di immobiliarità in quanto, spesso in tutto o in parte hanno struttura muraria, ciminiera ed altro, parti in stretta connessione funzionale e strutturale con l'opificio. Cosicchè non si potrebbe parlare di opificio costituito da “acciaieria” o di “panificio” in assenza di tali elementi.
Tuttavia negli stessi siti possono essere presenti altre componenti indispensabili per la produzione ma che non hanno carattere di immobiliarità, ad esempio nelle acciaierie: presse, laminatoi, torni, ecc. e nei panifici impastatrici, macchine per imballo, ecc..
Ciò che la normativa catastale prevede di considerare nella rendita catastale, in via generale, sono gli impianti fissi costituiti oltre da quelli comunemente presenti in tutti gli edifici, da quelli specifici di un opificio e realizzati proprio per la finalità produttiva in essa programmata. Un esempio di declaratoria delle componenti un opificio è stato apportato dall'art. 10 della legge n. 843/42 che prevede: “ Gli immobili contemplati dalla citata legge, tanto se affittati quanto se usati dal proprietario, sono descritti nel vigente catasto mediante l'elencazione degli elementi costitutivi, quali gli edifici, le aree, i generatori della forza motrice, le dighe, i canali adduttori o di scarico, la rete di trasmissione e di distribuzione merci, prodotti o servizi, i binari anche se posti su aree pubbliche ovvero nel relativo soprassuolo o sottosuolo, le gallerie, i ponti e simili.”
Tale norma è stata oggetto di chiarimento con la Circolare n. 123 del 14 novembre 1944 dell'allora Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali, ed evidenzia come, prima della diffusione dell'energia elettrica in forma capillare ed adeguata in termini di potenza erogabile sul territorio, un opificio si differenziava dagli altri edifici per la necessità, indipendentemente dalla tipologia di produzione esercitata, della presenza del cosiddetto gruppo di generazione di forza motrice (locuzione direttamente riportata dalla legge), cioè di energia meccanica, che ogni stabilimento industriale doveva necessariamente possedere proprio per essere catalogato opificio, ossia luogo di produzione. Tale energia meccanica era strumentale per il funzionamento dei macchinari industriali: alternatore per i produttori di energia elettrica, seghe o altro per marmifere o legnamifici, telai per il settore tessile, organi di macina per molini e frantoi, e similari.
Dalla descrizione dettagliata di cui all'articolo 10 della legge n. 843/42 è pacifico desumere quali debbano essere, ai fini catastali, le componenti di un opificio: assimilabili principalmente ad opere edilizie e o impianti fissi strumentali al complesso (principalmente sistemi di spostamento merci e materiali e quanto altro) e non macchinari (parola mai citata oltre che in questa norma in ogni alcun contesto catastale) strumentali alla produzione in essa svolta.
Ma oltre alle problematiche correnti su questa tematica, sono vive le apprensioni degli imprenditori industriali in vista dell'emanando decreto legislativo per la riforma del catasto dei fabbricati.
Dalla lettura dello schema di decreto sul nuovo catasto, però, si evince che la scelta intrapresa sembra invece dirigersi in una direzione piuttosto contraria all'esclusione dei macchinari, senza peraltro alcun supporto normativo della legge delega 11 marzo 2014, n. 23, che non introduce, in alcun passo, una neppur timida apertura per riconsiderare il concetto di immobile e relativi impianti fissi ai fini catastali.
Di fatto la descrizione dell'immobile da censire riportata nel decreto ricalca pedissequamente la vigente normativa (cfr. art. 3) e, ciò nonostante, sparse nella declaratoria delle diverse tipologie immobiliari, sono riportate elencazioni di componenti, che si vorrebbero includere nella stima catastale, costituite essenzialmente da macchinari e apparecchiature strumentali alla sola attività produttiva svolta (in quel momento) nell'opificio e privi del requisito di immobiliarità inteso come connessione strutturale e funzionale con l'edificio. Questa scelta si manifesta palesemente nel paragrafo 7 dell'Allegato F dello schema di decreto, valido solo per le centrali elettriche. In questo paragrafo è esplicita l'inclusione, nella stima catastale, oltre che della turbina – inclusione sulla quale concorda la stessa giurisprudenza di legittimità - anche dei macchinari (alternatori e trasformatori) che invece costituiscono beni strumentali alla sola produzione. E' perfino prevista la valorizzazione dei piccoli trasformatori nelle cabine elettriche secondarie, anche contro previsione della circolare 6/2012 dell'Agenzia del Territorio.
In forma stranamente contraddittoria, nell'Allegato B allo schema di decreto, nella declaratoria degli opifici categ. S/3 per “fabbricazione di prodotti in metallo” sono invece esplicitamente esclusi macchinari e attrezzature.
E' tra l'altro evidente che l'esclusione esplicita di macchinari e attrezzature dalla rendita catastale per una sola tipologia di opifici fa quindi intuire la necessaria inclusione degli stessi beni nella rendita catastale di tutti gli altri immobili e, di conseguenza, fa emergere dubbi di incostituzionalità del provvedimento per disparità di trattamento tra proprietari immobiliari, accomunati da una medesima finalità di produzione industriale, ma discriminati, senza motivo, in relazione alla natura e alla tipologia del bene prodotto.
Inoltre i termini “macchinari ed apparecchiature”, mai citati nelle normative catastale e fiscale vigenti, ai fini della stima catastale, introduce un concetto di novità rilevante e con elevato impatto fiscale, che non è previsto dalla legge delega.