Imposte

Imu dei coniugi, tre strade per il rimborso parziale della quota 2022

Per recuperare l’imposta versata in eccesso dopo la sentenza della Consulta, storno dal saldo di dicembre, credito 2023 o istanza di rimborso

di Luigi Lovecchio

La sentenza n. 209/2022, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di qualsiasi disposizione di legge che condizioni l’esenzione Imu dell’abitazione principale alla convivenza con l’altro coniuge, produce effetti anche ai fini del pagamento dell’imposta dovuta per l’anno in corso. Al riguardo, si ricorda che, per contrastare il rigorismo della Corte di Cassazione, l’articolo 5 decies del Dl 146/2021, aveva modificato l’articolo 1, comma 741, legge 160/2019 – contenente la riforma dell’Imu entrata in vigore nel 2020 – stabilendo che in tutti i casi di doppia residenza dei coniugi, sia all’interno dello stesso Comune che in Comuni differenti, i contribuenti possono scegliere una sola casa di abitazione principale ai fini dell’esenzione.

Ebbene anche quest’ultima disposizione è stata dichiarata incostituzionale, nella parte in cui limita per l’appunto l’esenzione ad una sola unità immobiliare, invece che a due, come dovrebbe essere, in presenza delle condizioni di legge.

Di fatto questa disposizione di legge è stata utilizzata dai contribuenti per pagare l’acconto Imu 2022, in scadenza al 16 giugno scorso. Ne deriva che i soggetti che si trovavano nelle suddette condizioni di fatto – coniugi con residenza sdoppiata in due immobili diversi – hanno verosimilmente considerato soggetta a imposta una delle due case di abitazione, pagando il relativo ammontare.

Alla luce della pronuncia della Consulta il pagamento non era però dovuto, a condizione – vale ribadire – che in entrambe le case ciascuno dei possessori possa dimostrare di avere non solo la residenza ma anche la dimora abituale. In sostanza, come evidenziato dalla stessa Corte costituzionale, la previsione di esonero, pur allargata dopo la sentenza in esame, non può mai essere applicata alle seconde case o case di vacanza. Allo scopo, sarà utile conservare copia delle bollette riferite ai consumi effettuati nell’abitazione principale.

Il recupero

Ipotizzando comunque che i requisiti di legge siano sussistenti, i contribuenti potranno pertanto recuperare quanto pagato in più in occasione del saldo del prossimo 16 dicembre, qualora siano in possesso anche di immobili ulteriori rispetto all’abitazione principale. Sarà sufficiente, in tal caso, sottrarre da quanto dovuto l’importo versato in più a giugno, se capiente.

Esemplificando, si supponga che a giugno scorso uno dei due coniugi abbia versato complessivamente 500 euro di Imu, di cui 420 per un’abitazione locata (con codice tributo «3918» nel modello F24) e 80 euro relativi all’abitazione principale (codice tributo «3912») per la quale invece non avrebbe dovuto essere pagato nulla. Si ipotizzi inoltre che in sede di saldo sia dovuto l’importo di 300 euro, calcolati ovviamente senza tener conto della suddetta abitazione principale.

A questo punto, sarà sufficiente pagare un’imposta di 220 euro (300 – 80), con il codice tributo «3918» per recuperare l’indebito versamento di giugno. Il contribuente dovrà solo avere l’accortezza di segnalare all’ufficio comunale tributi l’erronea indicazione del codice tributo «3912» in occasione dell’acconto, dirottando gli importi sul codice «3918». È una comunicazione in carta libera, per la quale alcuni uffici comunali hanno anche predisposto una modulistica ad hoc.

Qualora invece l’imposta dovuta a saldo fosse pari a zero o comunque inferiore a quella pagata in più a giugno, si potrà scomputare l’eccedenza da quanto dovuto per il 2023, ove ciò sia consentito dal regolamento comunale, oppure si presenterà un’istanza di rimborso, entro cinque anni dal versamento.

Tornando all’esempio proposto, qualora a saldo fosse dovuto l’ammontare di 50 euro, si potrà non versare nulla e residuerà un credito di 30 euro che potrà essere recuperato con le modalità appena indicate.

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