In caso di irregolarità scattano le sanzioni per «dichiarazione infedele»
Ove emergano irregolarità in merito alla correttezza e veridicità dei dati esposti in dichiarazione, oltre al recupero dell’imposta o del credito accertati, l’agenzia delle Entrate è legittimata a irrogare le sanzioni da dichiarazione infedele. In particolare, l’articolo 1, comma 2 del Dlgs n. 471/97 prevede la sanzione dal 90% al 180% della maggiore imposta o della differenza del credito utilizzato se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, tra l’altro, un credito superiore a quello spettante.
La sanzione è aumentata della metà quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente (essa diviene così dal 135% al 270% dell’imposta).
Tutto ciò premesso, qualora il contribuente avesse indicato un maggior credito poi accertato, ma senza utilizzarlo in compensazione, si ritiene che la violazione non sia sanzionabile in maniera proporzionale. In tal caso, è opportuno proporre ricorso avverso l’atto impositivo notificato dall’ufficio delle Entrate eccependo che la violazione da dichiarazione infedele non risulta sanzionabile in maniera proporzionale, ma in misura fissa con una sanzione da 250 a 2.000 euro, come stabilito dall’articolo 8 del Dlgs n. 471/1997.
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