Interessi sui bond: la rinuncia dei soci non crea «incasso»
La rinuncia dei soci agli interessi maturati su un prestito obbligazionario concesso alla società non comporta l’incasso giuridico delle somme. Tale istituto, infatti, è frutto di un’interpretazione dell’ufficio e non è previsto da alcuna disposizione normativa. Peraltro, si pone in contrasto sia con i principi generali dell’ordinamento, sia con le regole sulla tassazione dei redditi di capitale, la quale presuppone l’effettiva percezione delle somme. Ad affermarlo è la Ctp di Reggio Emilia 197/2/2018 (presidente Montanari e relatore Reggioni), depositata lo scorso 15 ottobre.
La vicenda trae origine da due avvisi di accertamento, con cui l’ufficio contestava l’omessa applicazione da parte di una società delle ritenute sugli interessi maturati su un prestito obbligazionario, oggetto di espressa rinuncia da parte dei soci. Secondo la tesi erariale era avvenuto un incasso “giuridico” del credito, con conseguente obbligo di tassazione in capo ai potenziali percipienti.
Più in particolare, per l’ufficio la rinuncia ai crediti generava i medesimi effetti fiscali conseguenti al loro incasso e al riversamento della somma corrispondente a titolo di apporto di capitale (cosiddetto incasso giuridico). I soci, attraverso l’atto di rimessione del debito, pur non avendo percepito alcun importo, avrebbero comunque disposto giuridicamente delle somme in questione utilizzandole per patrimonializzare la società partecipata, attraverso l’incremento del conto «Versamenti in conto capitale».
L’aumento del valore fiscale della partecipazione costituiva, pertanto, un utilizzo/incasso del credito da parte del socio, con conseguente assoggettamento a imposizione.
Secondo la società ricorrente la tesi erariale era priva di fondamento e non trovava supporto in alcuna disposizione normativa. Inoltre, la rinuncia da parte dei soci non comportava alcuna monetizzazione del credito, ma soltanto il trasferimento del suo valore su quello della partecipazione detenuta nella società.
I giudici, in accoglimento del ricorso della contribuente, hanno dichiarato illegittimo l’atto emesso dell’Agenzia.
Secondo la Ctp la società non aveva corrisposto alcun provento nè pagato alcun compenso e la rinuncia da parte dei soci non poteva di conseguenza essere equiparata al percepimento di un corrispettivo.
La sentenza chiarisce che l’incasso giuridico, sul quale si basava la tesi erariale, costituisce una figura non regolamentata da alcuna norma: l’equivalenza ai fini fiscali della rinuncia al credito con l’incasso dello stesso era, dunque, frutto di una mera interpretazione dell’ufficio.
Quest’ultima, peraltro, si pone in contrasto con i principi generali dell’ordinamento tributario, nonché con quelli relativi alla tassazione dei redditi di capitale.
La disciplina di tali redditi prevede, infatti, la necessità di una effettiva percezione delle somme e pertanto il mancato incasso degli interessi non fa insorgere alcuna materia imponibile.
D’altronde il legislatore ha disposto che i redditi di capitale siano tassati secondo il principio di cassa e, quindi, solo se realmente percepiti nel periodo d’imposta considerato.