Adempimenti

Iperammortamento, va restituito il bonus 2018 in caso di vendita del bene agevolato

Variazione in aumento dell'imponibile del periodo d'imposta in cui avvengono vendita o delocalizzazione

ADOBESTOCK

di Giorgio Gavelli

Nel modello Redditi 2020 fa il proprio debutto una fattispecie piuttosto sgradita alle imprese: la restituzione, nei casi previsti dalla legge, dell’iperammortamento fruito nel 2018. Si tratta del primo caso di possibile applicazione di quanto previsto dall’articolo 7, comma 2, del Dl 87/18, secondo cui «se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero dell’iperammortamento».

La disposizione, pertanto, non si applica mai in caso di superammortamento, e, con riferimento all’iperammortamento, trova applicazione per gli investimenti effettuati a partire dal 14 luglio 2018, data di entrata in vigore del Dl 87/18. Non sarà frequente (anche se non è impossibile) che un investimento iperammortizzabile acquistato a decorrere da tale data sia già stato ceduto (o trasferito all’estero) nel corso del 2019, ma la situazione diventerà assai più comune nei prossimi anni, tenendo conto del fatto che spesso questi investimenti hanno aliquote di ammortamento non elevate, per cui il periodo di durata dell’iperammortamento (e, quindi, della possibile applicazione della trappola del recapture) è piuttosto lungo.

A ogni modo, il modello Redditi 2020 è già pronto ad accogliere la restituzione dell’iperammortamento stanziato nel 2018, attraverso una variazione in aumento da operare al rigo RF55 con il codice 62.

La norma dispone che il recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione dei beni agevolati, per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi. Trattandosi, come anticipato, di beni che devono essere stati acquisiti a decorrere dal 14 luglio 2018 in poi, per questa dichiarazione il rischio riguarda solo la quota stanziata nel 2018 (peraltro con aliquota dimezzata), poiché per il 2019 – sapendo della restituzione – nessuna quota è stata stanziata.

Nei prossimi anni, invece, il danno sarà sicuramente maggiore, con la restituzione in un’unica soluzione di varie annualità di beneficio.

Se per il trasferimento all’estero si può tener conto di quanto previsto dal comma 4 – non scatta il recupero se i beni agevolati sono «per loro stessa natura destinati all’utilizzo in più sedi produttive» e possono «essere oggetto di temporaneo utilizzo anche fuori del territorio dello Stato» (si veda la risposta a interpello 14/20) – per la cessione a terzi (anche in Italia: circolare 8/E/19) si può evitare di subire la restituzione in tutti i casi l’impresa abbia effettuato un investimento sostitutivo ai sensi dell’articolo 1, commi 35 e 36, della legge 205/17. Questa disposizione, nata originariamente per evitare che la cessione del bene in corso di iperammortamento impedisse di portare a termine il beneficio, ha, dal 2018, anche l’importante funzione di evitare la restituzione, a condizione che vengano osservate tutte le stringenti condizioni previste, vale a dire che nello stesso periodo d’imposta del realizzo del primo cespite l’impresa:

a) sostituisca il bene originario con un bene materiale strumentale nuovo avente caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall’allegato A alla Legge n. 232/2016;

b) attesti l’effettuazione dell’investimento sostitutivo, le caratteristiche del nuovo bene e il requisito dell’interconnessione secondo le regole previste dalla medesima legge.

In tal caso, non solo non si rimborsa nulla, ma «la fruizione del beneficio prosegue per le quote residue», fino a concorrenza del costo del nuovo investimento nel caso in cui quest’ultimo abbia avuto un costo inferiore di quello originario (si veda circolare Mise 177355/18).

Da ricordare che l’agenzia delle Entrate (risposte a Telefisco 2019 e circolare 8/E/19) ha affermato che il recupero del beneficio non scatta nell’ipotesi di trasferimento del bene agevolato all’interno di un compendio aziendale oggetto di un’operazione straordinaria, indipendentemente dal fatto che questa sia fiscalmente neutrale o realizzativa. In tal caso, infatti, la fruizione dell’iperammortamento «continuerà, in capo all’avente causa, secondo le regole, i costi e la dinamica temporale originariamente determinati in capo al dante causa, indipendentemente dal sopravvenuto cambiamento di proprietà del complesso aziendale».

È controversa l’applicazione del meccanismo di recapture nel caso di investimento tramite leasing. Occorre chiedersi, infatti, se il rimborso scatti addirittura in ipotesi di cessione dopo il riscatto e, in caso positivo, se sia limitata alle quote di iperammortamento del prezzo di riscatto o si estenda addirittura (in modo asistematico) alle maggiorazioni di canone fruite in costanza di contratto.

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