Irap sull’attività caratteristica, componenti finanziarie da neutralizzare
Non sempre i risultati economici dell’attività caratteristica subiscono il prelievo dell’imposta regionale
Una recente presa di posizione dell’agenzia delle Entrate, che ha interessato il regime Irap applicabile ai risultati economici conseguiti da una società che si occupa di trading su strumenti finanziari, suggerisce alcune brevi riflessioni. Negli ultimi anni non è stato raro confrontarsi con chiarimenti “sistematici” dell’amministrazione finanziaria afferenti l’imposta regionale sulle attività produttive.
Gli interventi delle Entrate sull’Irap
Dalla “riforma Irap” avvenuta con la legge 244/2007 (Finanziaria 2008), l’Agenzia è spesso intervenuta per garantire la riconducibilità della determinazione della base imponibile a principi di continuità di valori. Quest’ultima, in alcuni casi, è stata messa in discussione dal venir meno (per effetto dell’abrogazione dell’articolo 11-bis del Dlgs 446/1997) del collegamento dei valori Irap a quelli riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi. Ciò ha reso necessario derogare al principio legislativo di “derivazione diretta” dell’imponibile Irap dal dato contabile.
Interventi analoghi si sono registrati anche per identificare i soggetti (holding finanziarie e soggetti assimilati) cui applicare le disposizioni Ires e Irap previste per gli “enti creditizi e finanziari” (ad esempio, il criterio di deducibilità degli interessi passivi), differenziandoli così dalle holding industriali. Solo con il Decreto Atad è stato introdotto nell’articolo 162-bis del Tuir un criterio univoco (ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap) per l’identificazione degli intermediari finanziari e delle società di partecipazione.
L’interpello 121/2020
Proprio in merito all'eventuale applicabilità del regime previsto dal citato articolo 162-bis, e degli effetti che ne conseguono ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, presenta profili di indubbio interesse la recente risposta a interpello 121/2020 delle Entrate. L’Agenzia - dopo aver chiarito che l’attività di trading di strumenti finanziari esercitata per conto proprio non integra i requisiti per essere qualificati intermediari finanziari - puntualizza che le variazioni di fair value degli strumenti finanziari derivati e i risultati legati al loro realizzo concorrono alla formazione della base imponibile Irap, poiché i risultati dell’attività di trading su strumenti finanziari rientrano nella gestione caratteristica dell’istante. In particolare, secondo l’Agenzia, tali componenti di reddito devono essere ricondotti tra le voci rilevanti nella determinazione della base imponibile Irap, ai sensi dell’articolo 5 del Dlgs 446/1997, in quanto rappresentativi dell’attività caratteristica dell’istante.
L’inquadramento interpretativo
Per provare a inquadrare, anche storicamente, questa interpretazione, occorre ricordare che l’articolo 5 del decreto Irap non è stato oggetto di modifiche sostanziali, né di recente con l’adeguamento dell’ambito soggettivo Irap all’evoluzione giuridico-contabile avvenuta nel corso del 2015 (Dm 53/2015 e Dlgs 136/2015), né tanto meno con l’introduzione del comma 2 riguardante i soggetti Ias-adopter. Il decferto Irap mira a identificare la base imponibile Irap con la differenza tra il valore della produzione e alcuni oneri classificati nel costo della produzione. Pertanto, non hanno mai assunto riconoscimento le componenti classificate nelle voci di conto economico destinate ad accogliere i proventi delle partecipazioni ed altri proventi finanziari (circolare Mef 141/1998, paragrafo 3.2.1.2).
Questa disposizione, dunque, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria, non riguarda l’attività caratteristica dell’impresa, indipendentemente dalla classificazione dei relativi proventi e oneri (cioè nell’area del valore della produzione ovvero in quella finanziaria). Forse quest’ultimo punto potrà essere più chiaro con l’identificazione del contenuto di ogni area del conto economico.
L’identificazione dei proventi nel conto economico
Il principio contabile Oic 32 esplicita le seguenti tipologie di attività:
● l’attività caratteristica, da intendersi come l’attività con i componenti positivi di reddito generati da operazioni che si manifestano in via continuativa e nel settore rilevante per lo svolgimento della gestione (paragrafo 43);
● quella finanziaria (paragrafo 46), costituita da operazioni che generano componenti di reddito aventi natura finanziaria, che comprendono le variazioni positive e negative del fair value degli strumenti finanziari derivati.
Sembrerebbe cogliersi una disomogeneità tra queste aree del conto economico. Infatti, la presenza di una gestione caratteristica dovrebbe postularne una accessoria ovvero secondaria. Quindi, adottando un criterio che identifichi il core business senza indicarne lo specifico oggetto, le aree del conto economico potrebbero essere distinte in attività principale/caratteristica e attività secondaria (“criterio dell’attività prevalente”). Viceversa, se il criterio di distinzione delle aree del conto economico tiene conto della specifica attività esercitata, allora un’area potrebbe essere qualificata come attività industriale/commerciale e un’altra area come finanziaria (“criterio dell’oggetto dell’attività svolta”).
Lo schema di conto economico che è stato adottato nell’articolo 2425-bis del Codice civile, invece, sembrerebbe aver seguito una “terza via”, avendo privilegiato una rappresentazione che comprende tanto un criterio d’attività prevalente (il cosiddetto “valore della produzione” come attività caratteristica) quanto un criterio dell’oggetto dell’attività (“attività finanziaria”). Seguendo tale schema, le attività di impresa possono essere qualificate come attività produttive/di servizi che rappresentano l’attività caratteristica dell’impresa, le cui componenti di reddito sono classificate come tali nell’area del valore della produzione e assumono rilevanza Irap. Inoltre, ben possono presentarsi attività non produttive né di servizi (ad esempio trading di strumenti finanziari) che rappresentano comunque l’attività caratteristica, le cui componenti di reddito, tuttavia, non sono classificate nell’area del valore della produzione, e, dunque, non assumono rilevanza Irap.
L’attività finanziaria non rileva ai fini Irap
Quest’ultima ipotesi è esattamente quella verificatasi nella risposta a interpello 121/2020, in cui i risultati economici di un’attività caratteristica sono stati classificati in un’area del conto economico (area finanziaria) non rilevante ai fini Irap. A conferma di questa breve ricostruzione, sempre il principio Oic 32 afferma (paragrafo 85) che nell’area finanziaria sono classificati tutti i componenti positivi e negativi dell’attività finanziaria, anche per le imprese per le quali tale area costituisce l’attività caratteristica della gestione. Tale circostanza rappresenta proprio la fattispecie dell’istante, e, dunque, non può essere condivisa l’interpretazione dell’Agenzia, secondo cui l’articolo 5 assoggetterebbe a Irap i proventi netti dell’attività caratteristica, indipendentemente dalla relativa classificazione a conto economico.
La posizione dell’agenzia delle Entrate nasce da un principio condivisibile, che è quello di assoggettare a Irap i risultati di ogni attività caratteristica. Tuttavia, tale posizione non è normativamente supportata, in quanto l’articolo 5 richiama sì l’attività caratteristica ma limitatamente alle componenti di reddito classificate nel valore e nei costi della produzione del conto economico previsto dall’articolo 2425-bis del Codice civile, escludendo i proventi e gli oneri classificati nell’area finanziaria, anche se conseguiti nell’ambito di un’attività esercitata con la continuità che si richiederebbe a un’attività caratteristica.