Iscrizione immediata al Vies alla prova dell’attuazione
Iscrizione immediata nella banca dati Vies. I soggetti passivi che intendono effettuare operazioni intracomunitarie dal 13 dicembre non devono più attendere 30 giorni dalla manifestazione della volontà per operare nel territorio comunitario. È la semplificazione contenuta nell’ articolo 22 del Dlgs 175/2014 , la cui attuazione apparentemente resta vincolata all’emanazione di un provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate, con il quale individuare le modalità operative per l’inclusione delle partite Iva nella banca dati Vies, nonché i criteri e le modalità di cessazione e di esclusione dalla stessa.
La formulazione della norma sembra riferirsi al provvedimento già emanato in sede di prima introduzione dell’obbligo di iscrizione alla banca dati Vies, previsto dal Dl 78/2010. Infatti, l’emanazione del provvedimento in oggetto era già contenuta nel comma 15-quater (ora abrogato) dell’articolo 35 del Dpr 633/1972, ora recata nel comma 15-bis. Un chiarimento in tal senso sarebbe auspicabile per dare pacifica attuazione alla semplificazione.
Postergare il rimedio al contrasto della normativa nazionale ai dettami comunitari all’emanazione di un provvedimento direttoriale, senza tra l’altro indicare un termine entro il quale lo stesso dovrà vedere la luce, si tradurrebbe di fatto in un’occasione persa per avvicinare il diritto nazionale a quello dell’unione.
L’obbligo di preventiva comunicazione all’agenzia delle Entrate da parte dei soggetti che intendono operare nello scenario comunitario ha recepito le indicazioni dell’Anti tax fraud strategy expert group (Atfs) della Commissione Ue, riassunte nel regolamento 904/2010, il quale detta alcune misure volte a un più stretto controllo dei soggetti passivi che pongono in essere operazioni intra-Ue, al fine di garantire l’affidabilità delle informazioni affluenti nell’archivio Vies.
Il divieto di effettuare operazioni intracomunitarie nei 30 giorni successivi alla richiesta di iscrizione alla banca dati si poneva in evidente contrasto con i principi comunitari di certezza del diritto e di proporzionalità.
Tale contrasto era ancora più evidente nelle posizioni espresse dall’agenzia delle Entrate ( circolare 39/E/2011 e risoluzione 42/E/2012 ), laddove si prevedeva la riqualificazione quali operazioni interne, delle operazioni intracomunitarie realizzate nel periodo di pendenza della richiesta di iscrizione.
Intervenendo in materia, la Corte di giustizia Ue ( C-492/13 del 2014 e C-273/11 del 2012 ) ha evidenziato che spetta agli Stati sì membri individuare le condizioni al ricorrere delle quali il regime di non imponibilità previsto per le operazioni intracomunitarie trova applicazione, non essendo, infatti, contenute specifiche disposizioni al riguardo nella direttiva 2006/112/Ce, ma tali condizioni devono essere conformi ai principi di certezza del diritto e di proporzionalità previsti dall’articolo 131 della direttiva Iva.
Negare la non imponibilità a un’operazione intra-Ue perché, per esempio, l’acquirente non risulta (più) incluso nella banca dati Vies o richiedere di accertare l’autenticità della controparte che ha ricevuto la merce sarebbe contrario ai principi di certezza del diritto e di proporzionalità, laddove di fatto le condizioni sostanziali che connotano un’operazione come intracomunitaria, cioè la soggettività passiva degli operatori comunitari, il trasferimento dei beni in altro Stato membro all’altro e l’esecuzione del trasferimento di diritti reali, siano state rispettate.
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class="conParagrafo_R21" id="RcChvIB1rKpyqyXTqXRsjoI" idr="U70857542766hdE">di Giorgio Gavelli