Adempimenti

Iva pagata in altri Paesi Ue: rimborso diretto da chiedere ora

Se ci sono tutti i requisiti le domande possono essere inviate entro il 30 settembre

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

C’è tempo fino al 30 settembre per inviare le istanze di rimborso “diretto” dell’Iva pagata nel 2019 in altri Paesi Ue. Prima di procedere con la trasmissione, però, occorre verificare la sussistenza di presupposti e condizioni.
La richiesta va effettuata, in generale, nei limiti e con la periodicità stabiliti dal singolo Stato membro competente che, peraltro, definisce anche il grado di dettaglio delle informazioni richieste e i documenti da allegare. Bisogna inoltre verificare se nel periodo considerato l’operatore era identificato direttamente nel Paese del rimborso, o lì disponeva di un rappresentante fiscale o di una stabile organizzazione, e se ha effettuato operazioni attive (e, in caso affermativo, di che tipo), in quanto tali situazioni potrebbero inibire il rimborso.
E poi, ovviamente, si deve trattare di Iva detraibile; il che implica una duplice verifica: che il richiedente non abbia limitazioni di tipo soggettivo alla detrazione in Italia e che l’imposta risulti oggettivamente detraibile nel Paese del rimborso.

La richiesta in Italia
La situazione è rovesciata se è un non residente a chiedere il rimborso in Italia: il requisito soggettivo va verificato nel Paese di stabilimento, mentre quello oggettivo è accertato in Italia. Occorre poi fare attenzione quando la richiesta proviene da un soggetto Ue con posizione Iva in Italia.

Secondo la Faq 40, pubblicata sul sito delle Entrate, i soggetti esteri identificati in Italia, o che qui hanno nominato un rappresentante fiscale o costituito una stabile organizzazione, non possono procedere col rimborso “diretto” (ex articolo 38-bis2, Dpr 633/1972), ma devono agire tramite la partita Iva italiana (articolo 38-bis).

La tesi è parsa subito criticabile. Infatti, l’articolo 38-bis2 del decreto Iva prevede che un soggetto non residente non possa chiedere il rimborso “diretto” – tramite la posizione Iva del Paese Ue di stabilimento – solo se: dispone di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato; o ha effettuato in Italia operazioni diverse da quelle per le quali debitore dell’imposta è il committente o cessionario, da quelle non imponibili di trasporto o accessorie ai trasporti e da quelle di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici rese ex articolo 74-septies.

Gli ostacoli al rimborso
La norma italiana (così come l’articolo 3 della direttiva 2008/9/Ce) non prevede invece che l’identificazione diretta o il rappresentante fiscale ostino necessariamente alla richiesta di rimborso. Per tale motivo la Corte di Giustizia (causa C-323/12) ha affermato che il diritto al rimborso “diretto” non è escluso per il semplice fatto di avere nominato un rappresentante fiscale ai fini Iva nello Stato della richiesta. Infatti, «ai fini dell’esclusione del diritto al rimborso (...), è necessario accertare non già la semplice capacità di realizzare operazioni imponibili nello Stato in cui viene presentata la domanda di rimborso, bensì la realizzazione effettiva di tali operazioni».

In questo quadro si inserisce la recente risposta a interpello 339/2020. Qui le Entrate negano l’accesso al rimborso “diretto” all’istante, ma “ammettono” che la decisione non si fonda sulla circostanza che il non residente sia identificato direttamente in Italia, bensì sul fatto che, presentando la dichiarazione con la partita Iva italiana, è stato lo stesso soggetto estero a scegliere la via del rimborso interno (articolo 38-bis, Dpr 633/1972). E, come si desume dalla risposta, non pare che a inibire il rimborso “diretto” sia la mera presentazione della dichiarazione Iva in Italia, bensì il fatto che questa comprenda l’acquisto effettuato (per scelta) con la partita Iva italiana. Come a dire che, ragionando al contrario, se l’acquisto fosse stato effettuato con la partita Iva estera, non sarebbe confluito nella dichiarazione relativa alla posizione Iva italiana divenendo quindi recuperabile mediante rimborso “diretto”, considerato che la preclusione non si fonda sulla circostanza di essere identificato direttamente in Italia.

A ulteriore conferma, va rilevato che le Entrate hanno comunque ricordato - pur essendo tale precisazione non pertinente al caso specifico - che il rimborso è invece inibito dalla presenza di una stabile organizzazione, senza richiamare le ipotesi dell’identificazione diretta o del rappresentante fiscale. Pare quindi che le Entrate siano tornate sui propri passi, adeguandosi alla giurisprudenza comunitaria.

I CASI RISOLTI
Rimborso in uno stato Ue
Alfa Spa ha sostenuto nel 2019 in un altro Stato Ue spese per 15.000 euro, per ristoranti e alberghi in occasione delle trasferte dei propri dipendenti. La società effettua solo operazioni con diritto alla detrazione. Può recuperare l’Iva su tali spese?
Sì, Alfa può recuperare l’imposta pagata in relazione alle spese sostenute, nella misura in cui queste non “soffrono” di indetraibilità oggettiva nel Paese di sostenimento. L’istanza va presentata telematicamente entro il 30 settembre.

Rimborso in Italia
Nel 2019 una società francese ha sostenuto in Italia i seguenti costi: 1.000 euro per carburanti auto, 5.000 per ristoranti e alberghi e 500 per spese di rappresentanza. Può recuperare l’Iva su queste spese?
Solo in parte e a condizione che la società non sia proratista (in questo caso la detrazione spetterebbe in base al pro rata). Per i carburanti il rimborso è al 40%, mentre non spetta per le spese di rappresentanza. Nessuna limitazione per le altre spese.

Stabile organizzazione
Beta, società svedese, ha una stabile organizzazione in Italia. Nel 2020 prevede elevati acquisti (con Iva italiana). Può effettuare gli acquisti direttamente attraverso la casa madre e poi procedere col rimborso “diretto”?
Secondo le Entrate, Beta non può accedere al rimborso “diretto”, perché dispone di una stabile organizzazione.La posizione appare però criticabile perché basata sul dato letterale della norma, non perfettamente in linea con quella comunitaria.

Rappresentante fiscale
Gamma, società greca, ha nominato un rappresentante fiscale in Italia senza però utilizzarlo. Nel 2019 ha effettuato con la partita Iva greca acquisti di beni ivati. Può recuperare l’Iva con il rimborso “diretto”, considerando che effettua in Grecia operazioni con diritto di detrazione?
Si ritiene di sì. Tale posizione sembra confermata anche dalla risposta 339, secondo cui l’eventuale preclusione al rimborso “diretto” non si fonda sulla mera esistenza della partita Iva in Italia.

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