Controlli e liti

L’accertamento parziale può fondarsi anche su una verifica generale

Per la Cassazione non ci si deve limitare alla segnalazione esterna

di Roberto Bianchi

L’accertamento parziale, normativamente differenziato dall’accertamento integrativo, può fondarsi anche su una verifica generale in quanto la segnalazione costituisce, esclusivamente, l’atto di comunicazione che consente l’accertamento e che risulta distinto dall’attività istruttoria, presupposto necessario dello stesso anche se di entità modesta.
A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione con le ordinanze 5157/2020 e 5156/2020.

L’accertamento parziale, per poter essere qualificato come tale, deve fondarsi su una segnalazione che consente di stabilire l'esistenza di un maggior reddito senza che ulteriori condizioni debbano verificarsi affinché l’informazione possa essere considerata adeguata (Cassazione, ordinanza 23685/2018).
Una verifica generale, in quanto tale, dovrebbe sfociare in un atto altrettanto esteso nella sua portata, trovando conferma l’orientamento prevalente della Suprema Corte in forza del quale una segnalazione può essere una fonte di qualsivoglia natura e scaturire da qualunque tipologia di controllo.
L’uso dell'accertamento parziale rientra indubitabilmente tra gli strumenti a disposizione dell'agenzia delle Entrate qualora alla stessa pervenga una segnalazione della Guardia di Finanza che contenga elementi in grado di far ritenere la sussistenza di un reddito non dichiarato, senza che tale strumento debba risultare «subordinato a una particolare semplicità della segnalazione pervenuta» (Cassazione, sentenza 2833/2008).

Secondo i Giudici del Palazzaccio, il carattere indeterminato della nozione di segnalazione legittimerebbe il ricorso all’accertamento parziale anche sulla base di un’informazione interna allo stesso Ufficio deputato a emanare l’atto e, di conseguenza, anche se le attività istruttorie, che convogliano nell’emissione dell’atto parziale, non sono conseguenti a delle segnalazioni esterne, le stesse possono legittimare il ricorso a tale strumento (Cassazione, ordinanza 23685/2018).

Nell’ambito di un’istruttoria condotta dallo stesso Ufficio che emana l’atto, la scissione dell’attività accertatrice in una pluralità di documenti impositivi è certamente possibile da un punto di vista teorico, ma le norme che disciplinano gli atti parziali hanno concretamente una giustificazione se esprimono una relazione intersoggettiva tra il segnalante e il notiziato. Valicato il concetto di segnalazione quale fondamento e limitazione dell’atto parziale, non si comprende la motivazione per la quale il legislatore perseveri nel mantenere l’orientativa unicità dell’accertamento, decretata dal dettame della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi di cui al comma 3 dell'articolo 43,Dpr 600/1973, che richiama un modello in forza del quale solo la segnalazione esterna permette di emanare un accertamento senza dover verificare se siano utilizzabili ulteriori elementi oltre quelli comunicati, mentre l’azione isolata dell’agenzia delle Entrate non dovrebbe prescindere dalla tendenziale univocità del risultato dell’istruttoria e, in tale prospettiva, il concetto di segnalazione conduce l’attenzione sull’aspetto analitico e parcellizzato del contenuto dell’atto parziale.

Sussiste pertanto un orientamento prevalente, condizionato dalle dinamiche normative, a fronte del quale il potenziale sindacato del giudice in merito alla legittimità del ricorso all’atto parziale può concentrarsi esclusivamente sul riscontro di un carattere di «automatismo argomentativo» (Cassazione, sentenza 27323/2014), dichiarando illegittimo l’atto che segue il parziale esclusivamente se non si limita a recepire il contenuto della segnalazione, ma aggiunge ulteriori elementi valutativi di non immediata percezione. Tuttavia, nella giurisprudenza della Corte Suprema, non viene praticamente mai affermata la violazione dell’articolo 41-bis del Dpr 600/1973 a conferma della circostanza che la formulazione del postulato è prettamente teorica e tende meramente a salvaguardare l’azione dell’Amministrazione finanziaria, soppesandola da un punto di vista sostanziale e non in merito alla sussistenza dei presupposti normativi.


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