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L’avvocato non detrae l’Iva dei pranzi e deduce i costi nel limite dell’1% dei compensi

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di Nicola Forte

La domanda


Un avvocato si reca abitualmente a cena fuori, facendosi rilasciare fattura per i pasti consumati.
Spesso invita a cena dei clienti e/o amici: quasi sempre le fatture indicano un numero di pasti di 10-15 persone (corrispondente al numero dei cosiddetti “coperti”), con fattura intestata sempre all’avvocato, che ne paga ovviamente il conto.
Chiedo chiarimenti circa il trattamento fiscale cui assoggettare tali fatture in capo all’avvocato, ritenendo che l’Iva relativa sia completamente detraibile e il costo deducibile nei limiti del 2% del volume dei compensi annui.F. M. - Lerici

Le spese di ristorazione per pranzi o cene offerte a potenziali clienti sono riconducibili nel novero delle spese di rappresentanza. L’Iva è integralmente indetraibile ai sensi dell’articolo 19 – bis1, comma 1, lettera h del Dpr 633/1972.
Il costo subisce una prima limitazione ai fini della deducibilità secondo le indicazioni di cui all'articolo 54, comma 5 del Tuir. La spesa potenzialmente detraibile, comprensiva dell’Iva che rappresenta un costo, è pari al 75 per cento. L’importo così determinato subisce un'ulteriore limitazione. Infatti è integralmente deducibile nei limiti dell’1% dei compensi percepiti nel periodo di imposta. La quota eccedente non può in ogni caso essere considerata in diminuzione dal reddito di lavoro autonomo.

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