L’usufrutto può qualificare la partecipazione
Il regime transitorio di tassazione dei dividendi percepiti da persone fisiche che agiscono al di fuori dell’esercizio di impresa può richiedere ancora, ai fini di una corretta imposizione, la distinzione tra partecipazioni qualificate e non. A tal proposito, l’articolo 67 del Tuir considera qualificate le partecipazioni che attribuiscono:
•nelle società non quotate, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 20% o una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 25 per cento;
•nelle società quotate, una percentuale, rispettivamente del 2 o del 5 per cento.
Qualora, invece, la quota posseduta si riferisca ad una società di persone, come parametro di valutazione occorre far riferimento esclusivamente alla percentuale di capitale o di patrimonio detenuta.
Nella verifica del superamento delle soglie, però, bisogna anche tener conto dei diritti eventualmente esistenti sulla partecipazione, come nel caso di usufrutto e nuda proprietà, in quanto in queste ipotesi occorrono alcune precisazioni.
Innanzitutto, l’articolo 2352 del Codice civile prevede che «nel caso di pegno o usufrutto sulle azioni, il diritto di voto spetta, salvo convenzione contraria, al creditore pignoratizio o all’usufruttuario». Pertanto, le partecipazioni detenute a titolo di nuda proprietà non concorrono al calcolo della soglia del 2 o del 20% e l’unico parametro da considerare, come nelle società di persone, è quello relativo alla percentuale di capitale o di patrimonio detenuta. Qualora, invece, il socio sia titolare del diritto di usufrutto ovvero possa esercitare il diritto di voto pur essendo nudo proprietario, per il superamento della qualificazione occorre controllare entrambi i limiti, quindi, sia il riferimento al capitale che ai voti esercitabili (risoluzione 332/E/2008); di conseguenza, le quote detenute a titolo di nuda proprietà devono essere computate in entrambi i casi.
Ciò premesso, l’agenzia delle Entrate nella risoluzione 65/E/2006 ha individuato le modalità di valutazione delle partecipazioni con usufrutto, richiamando le disposizioni agli articoli 46 e 48 del Dpr 131/1986 (Tur). In particolare, il valore del diritto ovvero della nuda proprietà di una partecipazione si ottiene moltiplicando il suo valore nominale per il rapporto tra l’usufrutto o la nuda proprietà e il valore della piena proprietà. L’usufrutto, poi, deve essere calcolato secondo le disposizioni dell’articolo 46 del Tur:
■assumendo però, in luogo dell’annualità, l’ammontare ottenuto moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale di interesse, che per il 2018 è pari allo 0,3 per cento;
■e moltiplicando il prodotto così ottenuto per i coefficienti riportati negli allegati al Tur determinato in base alla vita dell’usufruttuario.
Individuato il valore dell’usufrutto, la nuda proprietà è data dalla differenza tra il valore di piena proprietà il valore dell’usufrutto.
In conclusione, nell’ipotesi in cui le partecipazioni qualificate siano detenute da persone fisiche non imprenditori, ancora non tassate con la ritenuta d’imposta al 26%, la società all’atto dell’erogazione degli utili deve verificare se sulla quota esistono particolari diritti, i quali possono influenzare la tassazione come nel caso dell’usufrutto. Quest’ultimo sommato alle partecipazioni in piena proprietà, potrebbe qualificare la quota, con la conseguenza che il dividendo percepito concorrerà secondo le percentuali del Dm 26 maggio 2017 alla base imponibile Irpef.