La Cassazione insiste: al contribuente la prova dell’inerenza
L’ordinanza 344 conferma la linea rigida per deduzione dei costi e detrazione Iva. Non considerata la visione unitaria della determinazione del reddito d’impresa
La Cassazione continua imperterrita: è il contribuente che deve provare l’inerenza di un costo nella determinazione del reddito d’impresa e ai fini della detrazione Iva. Lo ha stabilito anche con l’ordinanza 344/2021 del 13 gennaio.
La Cassazione commette però un errore concettuale di fondo: non viene considerato, infatti, che la determinazione del reddito d’impresa è un valore netto, dato dalla contrapposizione di componenti positivi e negativi di reddito. La Cassazione non considera, in sostanza, la visione unitaria della determinazione del reddito d’impresa: quest’ultimo non è dato soltanto dai ricavi (o, comunque, dai componenti positivi reddituali), e la deduzione di un componente negativo di reddito non risulta affatto una gentile concessione del legislatore, così da renderla assimilabile ad un diritto (nell’ottica dell’articolo 2697 del Codice civile) attribuito al contribuente. La deduzione di una spesa o di un costo rappresenta invece un passaggio necessario ai fini della rappresentazione unitaria del risultato imputabile alla specifica fonte produttiva (quella dell’attività d’impresa). Sicché la configurazione (chiaramente) unitaria attribuibile all’attività d’impresa, data dalla rilevanza sia di componenti positivi che di quelli negativi redditualmente, impedisce di considerare la deduzione di un costo come una sorta di diritto slegato dalla fonte produttiva.
Il contribuente, quindi, non deve dare alcuna prova dell’inerenza di un costo, se non dopo che l’Amministrazione ha provato la fondatezza della propria pretesa.
Peraltro, andrebbe rilevato che la vicenda dell’onere della prova riguarda i fatti, mentre nell’inerenza non sono quasi mai i fatti che vengono posti in discussione, cioè se quella spesa, ad esempio, è stata effettivamente sostenuta. Per l’inerenza quello che rileva è se la spesa o il costo ha un collegamento o meno con l’attività esercitata. Tutto ciò però non è riconducibile ad un fatto, che può essere oggetto di prova, ma a una valutazione del fatto o dei fatti. In sostanza, si tratta di valutare se il componente economico – la spesa o il costo – ha un collegamento funzionale con l’attività imprenditoriale (o professionale).
Quindi, per l’inerenza risulta improprio attribuire alle parti degli oneri di prova. Le parti invece hanno, più propriamente, un onere di allegazione dei fatti posti a fondamento delle proprie tesi. L’ufficio dell’Amministrazione finanziaria deve quindi allegare, nell’atto di accertamento, i fatti e le ragioni per le quali ritiene che determinati componenti economici non hanno alcun collegamento con l’attività, mentre il contribuente, da parte sua, dovrà allegare i fatti e le ragioni per le quali ritiene che gli stessi componenti hanno un legame con l’attività.