I temi di NT+Modulo 24

La nota di accredito entro il termine della dichiarazione Iva apre al recupero dell’imposta

Nonostante due risposte a interpello di segno opposto, se il presupposto per l’emissione del documento è nato nel 2020 il diritto andrebbe esercitato con la dichiarazione Iva 2021

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Conto alla rovescia per emettere le note di variazione i cui presupposti si sono manifestati nel 2020 e recuperare l’imposta. Il 30 aprile (a meno di rinvii dell’ultim’ora nel decreto sulle proroghe allo studio del Governo) è infatti l’ultimo giorno per inviare la dichiarazione annuale Iva in cui dovrebbe confluire l’imposta rettificata. Complici due risposte a interpello, tuttavia, molti si domandano se l’Iva non vada recuperata in liquidazione o con il modello Iva 2022.

La norma di riferimento

La soluzione dovrebbe venire dall’articolo 19 del Dpr 633/1972 (stante il richiamo dell’articolo 26) secondo cui il diritto alla detrazione «è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto» stesso «è sorto», come ribadito anche dal principio di diritto 5/2020 e sebbene, in prospettiva comunitaria, più che di detrazione dovrebbe parlarsi di riduzione dell’imposta.

Pertanto, se il presupposto per l’emissione del documento è nato nel 2020, il diritto alla detrazione andrebbe esercitato con la dichiarazione relativa al 2020, contabilizzando il documento emesso nel 2021 (e relativo all’anno precedente) nell’apposito sezionale, la cui funzione non pare limitata alla sola registrazione tardiva delle fatture passive.

Le indicazioni di prassi

In tale direzione sembrava andare anche la prassi. Per esempio, nelle risposte 90 e 107 del 2020 è affermato che, se il presupposto per il recupero dell’Iva è sorto nel 2019, la nota di variazione va emessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa a tale anno ed è altresì detto che, qualora la relativa dichiarazione sia già stata presentata, è addirittura possibile correggerla.

Tale impostazione è stata messa in discussione con la risposta a interpello 119/2021 (che riprende la 192/2020): viene sostenuto che, se il presupposto nasce nel 2019, la nota di variazione va emessa sì entro il 30 giugno 2020 (ex Dl 27/2020), ma la detrazione sarebbe operata in liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione per il 2020.

Gli effetti

La “detrazione” sarebbe allora esercitabile nella dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui il diritto è sorto (o in liquidazione), e non in quella relativa all’anno in cui è sorto. Così facendo, il termine per esercitare il diritto (veicolato dall’emissione del documento) resterebbe tassativo, e a essere posticipato sarebbe solo il recupero del tributo.

Nella sostanza, le Entrate sembrano aver introdotto l’obbligo d’indicare l’imposta nella dichiarazione relativa all’anno in cui è stato emesso il documento. Tuttavia vanno operate alcune riflessioni a riguardo. Il diritto alla detrazione va infatti esercitato al più tardi «con» la dichiarazione dell’anno in cui (così si ritiene, dato il richiamo all’articolo 19) si manifesta il presupposto dell’articolo 26, fermo che entro il limite temporale della dichiarazione va emessa la nota di credito. Secondo le Entrate invece la detrazione sembrerebbe “guidata” solo dal possesso del documento (nota di accredito).

Ma così facendo, si perde il collegamento con il periodo di nascita del diritto e sorgono dubbi sulle ragioni per cui il documento vada emesso entro il termine per la dichiarazione. Anzi, portando all’estremo questa logica, potrebbe allora sostenersi che la nota di variazione possa essere emessa senza limiti di tempo. E questo non può essere.

Senza contare che, a questo punto, non si capirebbe il senso delle istruzioni al quadro VE del modello Iva secondo cui le operazioni attive vanno indicate tenendo conto delle variazioni registrate «per» l’anno oggetto di dichiarazione. Certo è che questioni di tale rilievo sistematico meriterebbero contributi interpretativi di maggior respiro.