La revisione dei prezzi negli appalti rientra tra le rimanenze
L’effetto dell’aumento di energia e materie prieme nel settore edile in caso di gara d’appalto. Il trattamento fiscale cambia se i lavori si concludono entro un anno e se sono ultrannuali
La norma a cui fa riferimento il lettore è l’articolo 26, Dl 50/2022 il quale prevede che per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, in relazione agli appalti pubblici di lavori, ivi compresi quelli affidati a contraente generale, aggiudicati sulla base di offerte, con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021, lo stato di avanzamento dei lavori afferente alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2022, è adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, applicando i prezzari aggiornati ai sensi del comma 2 ovvero, nelle more del predetto aggiornamento, quelli previsti dal comma 3. Per quanto attiene il trattamento fiscale di tali maggiorazioni, può essere utile la risoluzione 39/E/2022 del 13 luglio 2022, che sebbene pronunciatasi solo ai fini Iva ha chiarito che tali somme hanno natura di maggiori corrispettivi contrattuali. Non risultando specifici ulteriori chiarimenti da parte dell’agenzia delle Entrate, è necessario partire dalle conclusioni della risoluzione 39/E/2022, che portano a ritenere che la qualificazione dei predetti importi come corrispettivi, possa valere anche ai fini Ires e Irap. Quindi tali maggiorazioni dei prezzi dovrebbero entrare a far parte del valore delle rimanenze, da valutare dal punto di vista fiscale con criteri diversi a seconda che i lavori abbiano durata annuale (articolo 92 del Tuir) o ultrannuale (articolo 93 del Tuir). Ne consegue che:
a) in ipotesi di lavori di durata infrannuale (inferiore a 12 mesi), la determinazione del reddito imponibile viene effettuata in base ai costi/ricavi verificatisi interamente nel periodo d’imposta di ultimazione dei lavori (articolo 92, comma 6, del Tuir), secondo il metodo contabile, riconosciuto anche ai fini fiscali, della “commessa completata”, e ciò, quindi, vale anche per i maggiori corrispettivi ricevuti in tale arco temporale come compensazione dei maggiori costi delle materie prime, che diventano ricavi nell’anno di ultimazione dei lavori (ad esempio, il 2022);
b) in ipotesi di lavori di durata ultrannuale (superiore a 12 mesi), valutati invece in base ai corrispettivi pattuiti, in ogni singolo esercizio d’imposta viene assoggettata a tassazione la quota parte di reddito calcolata sui costi/ricavi verificatisi nell’anno, con il metodo della “percentuale di completamento” operante, anche in tal caso, sia ai fini fiscali che contabili. In questa valutazione rientrano, quindi, anche le maggiorazioni ricevute dall’impresa come adeguamento dei prezzi dell’appalto, da assumere anch’esse come ricavi sempre in base alla “percentuale di completamento” riferita allo specifico periodo d’imposta. In relazione a questa situazione, si precisa ulteriormente che, in presenza di maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge, o di clausole contrattuali, delle stesse si tiene conto, finché non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50% (si veda l’articolo 93. comma 2, secondo periodo del Tuir). Pertanto, si ritiene che le citate maggiorazioni, dovute per legge, ai sensi sia dell’articolo1–septies del Dl 73/2021 che dell’articolo 26 del Dl 50/2022, ove non ancora certe sotto il profilo dell’esatto importo da corrispondere all’impresa, partecipino al valore delle rimanenze riferite a lavori ultrannuali almeno per il 50%. In tal modo, tali somme concorreranno in misura piena alla valutazione delle rimanenze solo quando il loro preciso ammontare sia stato determinato dal committente.
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