Controlli e liti

La revoca della donazione non intacca l’agevolazione prima casa

Lo stabilisce la Cassazione con l’ordinanza 17631 del 2021: non ci sono dichiarazioni false sul requisito di impossidenza

di Angelo Busani

Non decade dall’agevolazione “prima casa” il contribuente che dapprima dona un’abitazione di sua proprietà, poi compra un’altra abitazione con il beneficio fiscale e infine stipula un contratto risolutivo della donazione con l’effetto di tornare a essere proprietario dell’abitazione che aveva alienato per rendersi impossidente.

Lo decide la Cassazione con l’ordinanza n. 17631 del 21 giugno 2021, motivando con la considerazione che, quando il contribuente acquista, non rilascia alcuna dichiarazione mendace sulla sua situazione di impossidenza; ma ammonendo comunque che «resta ferma ogni valutazione dell’amministrazione in termini di abuso del diritto».

La questione non dovrebbe avere precedenti in sede di legittimità e trova concorde anche l’amministrazione che, nonostante abbia coltivato le sue pretese fino in Cassazione (chiedendo di sentir proclamare la decadenza dall’agevolazione), nella risposta a interpello n. 443 del 29 ottobre 2019 (in NT+ Fisco del 30 ottobre 2019) e nella risposta a interpello n. 158 del 28 maggio 2020 (in Il Sole 24 Ore del 29 maggio 2020) ha viceversa riconosciuto che non perde il requisito dell’impossidenza il contribuente che abbia comprato un’abitazione dopo averne donato un’altra, nel caso in cui la donazione che ha provocato l’impossidenza sia oggetto di mutuo consenso risolutivo.

Un caso simile, ma non identico, venne affrontato dalla Commissione Tributaria di II grado Trentino-Alto Adige (sentenza 16 febbraio 2009, n. 4) in una fattispecie nella quale un contribuente, una volta acquistata una “prima casa”, l’aveva donata a un familiare e aveva successivamente provveduto all’acquisto di un’altra “prima casa”. Dopo quest’ultimo acquisto, il contribuente aveva revocato la predetta donazione per sopravvenienza di figli.

In base alla ritenuta retroattività della revoca della donazione, l’agevolazione “prima casa” ottenuta nel secondo acquisto venne dichiarata decaduta in considerazione della (sopravvenuta) mancanza del requisito della “impossidenza”. Il problema che si determina in caso di risoluzione di un contratto (nel caso specifico, la donazione con la quale il contribuente si è procurato l’impossidenza) è che la risoluzione ha un indiscusso carattere retroattivo: quindi, se è vero che con la donazione legittimamente si consegue il requisito dell’impossidenza (il quale permette di ottenere l’agevolazione “prima casa” quando si procede a un nuovo acquisto) è anche vero che il contratto risolutivo genera che detta situazione di impossidenza viene meno ex post.

Secondo la Cassazione la questione relativa alla decorrenza degli effetti della risoluzione consensuale non è rilevante, sia che l’effetto retroattivo operi automaticamente sia che tale effetto costituisca oggetto di espressa pattuizione delle parti, in quanto si tratta di un effetto che riguarda solo i rapporti interni tra le parti. Lo si argomenta sia dall’articolo 1372 del Codice civile, il quale statuisce che ogni contratto (e, quindi, anche il contratto risolutivo) di regola non produce effetti rispetto ai terzi; sia dall’articolo 1458, comma 2, che, nel disciplinare la risoluzione del contratto per inadempimento, stabilisce che la risoluzione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi.

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