Imposte

La risoluzione della donazione non provoca la decadenza dal bonus prima casa

di Angelo Busani


Non provoca la decadenza dall’agevolazione prima casa il contratto risolutivo di una donazione che è stata stipulata anteriormente all’acquisto agevolato e che ha permesso l’avvalimento del beneficio fiscale poiché ha posto il contribuente in una situazione di impossidenza. È quanto ritenuto dall’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 443 del 29 ottobre 2019 .

Chi propone l’interpello è evidentemente al corrente del fatto che con la Risoluzione 20/E del 2014, non menzionata nella Risposta n. 443, l’Agenzia affermò il carattere retroattivo del contratto risolutivo di una precedente donazione e ritenne, di conseguenza, che «tenuto conto dell’effetto eliminativo che esplica l’atto di risoluzione per ’mutuo consenso’, si ritiene che tale fattispecie non integra il presupposto per l’applicazione della disciplina prevista per i trasferimenti immobiliari».

Allora, se è vero che il contratto risolutivo è retroattivo e che il contratto (poi risolto) provocò una situazione di impossidenza, potrebbe essere anche vero che detta risoluzione potrebbe essere interpretata, ex post, come una situazione impediente l’avvalimento dell’agevolazione “prima casa” quando il donante, dopo aver effettuato la donazione, procedette poi all’acquisto di un’abitazione, non avendone più alcuna in sua proprietà.

Nella risposta n. 443 l’Agenzia tuttavia fuga il timore di retroattività e quindi il timore del recupero dell’imposta ordinaria, seppur con un ragionamento errato, e cioè affermando che «la pattuizione con la quale si verifica la “retrocessione” del bene donato nuovamente in capo all’originario donante configura un nuovo contratto di donazione».
La verità è invece che il contratto risolutivo non è una donazione ma è un contratto finalizzato a porre nel nulla il contratto risolto. Gli effetti che sono provocati dalla risoluzione di un contratto a effetti reali (e cioè la retrocessione del bene trasferito) sono una mera conseguenza della risoluzione e non l’oggetto principale del negozio risolutivo.
Pertanto, al quesito posto nell’interpello era sufficiente rispondere che la situazione di impossidenza esistente all’atto della compravendita agevolata è un fatto storico che non può essere alterato da situazioni sopravvenute, quale la stipula di un contratto risolutivo del contratto che provocò l’impossidenza.

È bene rammentare, per associazione di idee, che con risposta a interpello n. 439 del 28 ottobre 2019 (praticamente contraddicendo quanto affermato nella predetta Risoluzione 20/E del 2014) l’Agenzia ha ritenuto che il contratto con il quale le parti contraenti convengono di risolvere un precedente contratto di compravendita immobiliare, tra esse stipulato, è soggetto all’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota propria dei trasferimenti immobiliari e non in misura fissa.

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 443/2019

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