Controlli e liti

Nell’atto di accertamento non è necessario allegare il Pvc già notificato

Per la Cassazione l’Agenzia non è tenuta a includere le prove poste a fondamento del verificarsi di alcuni fatti

di Roberto Bianchi

L’avviso di accertamento, che costituisce l’atto con il quale l’amministrazione finanziaria esercita la propria pretesa tributaria nei confronti del contribuente, soddisfa l’obbligo di motivazione, in base all’articolo 56 del Dpr 633/1972, ogni qualvolta l’ufficio abbia posto il soggetto accertato nella condizione di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e di contestarne efficacemente l’an e il quantum debeatur.

Pertanto, l’atto di accertamento deve ritenersi correttamente motivato, anche nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 7 della legge 212/2000, qualora faccia riferimento a un pvc della Guardia di Finanza regolarmente notificato al debitore, con la conseguenza che l’ufficio non è tenuto a includere nell’avviso di accertamento notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti, né a riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto.

A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione con l’ordinanza 8177/2020.
L’amministrazione pubblica è tenuta a motivare i propri atti, e il menzionato principio trova la sua raffigurazione nella legge 241/1990 la quale, al comma 1 dell’articolo 3, prevede che «ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato (...). La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria».

La medesima norma, al successivo comma 3, sancisce che «se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama» anche se, in deroga al principio generale menzionato, «la motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale» (comma 2 articolo 3 legge 241/1990).

Le motivazioni obbligatorie
L’obbligo di motivazione, con specifico riferimento agli atti dell’amministrazione finanziaria, viene riaffermato dal primo periodo del comma 1 dell’articolo 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, il quale prevede che «gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione» mentre, al secondo periodo, la disposizione prescrive che «se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama».

Anche la Suprema corte ha esplicitamente disposto che «l’accertamento motivato con il rinvio ad un atto dell’amministrazione finanziaria non allegato all’avviso e non noto al contribuente è nullo» (Cassazione, sentenza 15319/2002), a salvaguardia del diritto alla difesa, tutelato dall’articolo 24 della Costituzione, che garantisce a un contribuente, nei confronti del quale viene avanzata una pretesa tributaria basata su un atto che non gli è stato notificato, la possibilità di visionare tale documento.

Tuttavia, al fine di attenuare la portata del principio rappresentato, i giudici di piazza Cavour hanno affermato che «l’onere di allegazione e riproduzione non riguarda gli atti che sono già nella sfera di conoscenza del contribuente, tenendo presente che tale presupposto deve considerarsi in re ipsa quando il riferimento attiene a verbali di ispezione o verifica redatti alla presenza del contribuente, o a lui comunicati o notificati nei modi di legge» (Cassazione, sentenza 19556/2017).

La necessità degli allegati
Pertanto, l’onere di allegazione, che impone all’ufficio di accludere tutti gli atti menzionati nell’avviso di accertamento (articolo 7 legge 212/2000), deve essere correlato alla finalità integrativa delle motivazioni che sorreggono l’atto impositivo ai sensi del comma 3 dell’articolo 3 della legge 241/1990, con la conseguenza che tale obbligo deve intendersi circoscritto ai soli atti esterni necessari a sostenere tali ragioni rimanendo esclusi, pertanto, gli atti irrilevanti al fine dell’esercizio del diritto di difesa del destinatario e quelli a contenuto normativo, conosciuti per effetto della loro pubblicazione (Cassazione, sentenza n. 25371/2008).

Il contribuente ha diritto di conoscere la motivazione dell’atto impositivo e, di conseguenza, deve essergli assicurata la possibilità di visionare tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato al fine di poter completare tale motivazione, sebbene non abbia il diritto di conoscere il contenuto di tutti gli atti ai quali si faccia rinvio nell’atto impositivo qualora, tale argomento, non si riveli utile a integrare la motivazione dell’atto medesimo.
Non è sufficiente, pertanto, che il contribuente dimostri l’esistenza di atti allo stesso ignoti ai quali si faccia riferimento nell’atto impositivo, ma è necessario comprovare che almeno una parte del contenuto di tali documenti risulti essere necessaria a integrare la motivazione del menzionato atto impositivo (Cassazione, sentenza n. 26683/2009).

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