Non è necessario l'invio al SdI delle fatture in reverse charge
Le fatture elettroniche ricevute in regime di inversione contabile da soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato,vanno integrate, senza alterarle, ma non vi è l'obbligo di inviarle al Sistema di Interscambio.
Tra i chiarimenti di recente forniti dall'agenzia delle Entrate, in occasione del forum organizzato dal Sole 24 Ore il 12 novembre 2018, vi è anche quello che riguarda le fatture elettroniche a cui si applicherà il meccanismo dell'inversione contabile.
Premesso che in più riprese l'Agenzia ha già chiarito che, essendo la fattura elettronica per sua natura immodificabile, non è possibile effettuare sulla stessa alcun tipo di "alterazione", è più volte sorto il dubbio di come si possa procedere all'integrazione della fattura elettronica emessa in reverse charge, da un soggetto d'imposta Iva residente o stabilito nel territorio dello Stato.
Tale fattura, infatti, va integrata da parte del cessionario o committente, attraverso l'indicazione della corretta aliquota Iva da applicare, nonché della relativa imposta scaturente dall'applicazione di tale aliquota alla base imponibile indicata in fattura.
È evidente come, nella fattispecie descritta, uno dei sistemi adottabili è quello, come nuovamente chiarimento dall'Agenzia nel corso del forum, di creare, naturalmente attraverso il software, un ulteriore documento, parallelo alla fattura, sempre in formato elettronico, contenente i riferimenti alla fattura stessa nonché gli elementi integrativi, sopra indicati, necessari per l'applicazione del reverse charge, che va poi conservato assieme alla fattura.
È stato chiarito, nel cosrso del videoforum, che non è necessario che tale fattura elettronica integrata venga inviata al SdI, in quanto, sebbene non esplicitato, il sistema è comunque già a "conoscenza" della fattura emessa e inviata dal fornitore che, essendo in inversione contabile, conterrà la natura "N6".
Vi potrebbe essere, però, anche la necessità, sempre nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile, di emettere un'autofattura. Si pensi ad esempio all'acquisto di un servizio prestato nel territorio dello Stato da un soggetto non comunitario. È evidente come, in tale caso, il cessionario sia tenuto ad emettere autofattura.
In questa ipotesi, così come nel caso di fattura ricevuta da un soggetto passivo d'imposta europeo, sempre soggetta ad integrazione, essa non va inviata al SdI in forma elettronica, ma dal 1° gennaio 2019 entrerà nel così detto "esterometro", previsto dal comma 3-bis, dell'articolo 1, Dlgs 127/2015.
Viceversa, in presenza di autofattura emessa per altri motivi dal soggetto "nazionale" come, ad esempio, un'autofattura per "cessione gratuita" di omaggi, essa va inviata necessariamente al SdI. Ciò vale anche per la così detta "autofattura denuncia", emessa in base a quanto disposto dall'art. 6, comma 8, Dlgs 471/1997, che il cessionario o committente deve inviare sempre al SdI nel caso in cui, entro quattro mesi dall'effettuazione dell'operazione, non gli sia pervenuta fattura elettronica dal fornitore.
Sul tema delle semplificazioni collegate alle fatture di acquisto, si evidenzia anche che con il Dl fiscale, n. 119 del 23 ottobre 2018, è stato modificato l'articolo 25 Dpr 633/1972 che, già dal giorno 24 ottobre, non prevede più l'obbligo di protocollazione in arrivo delle fatture ricevute.
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