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Non si tassano i rimborsi spese per le lezioni in Dad

La risposta a interpello 798: il rimborso spese del personale in didattica a distanza non deve essere tassato

di Cristian Valsiglio

Il rimborso di spese documentate e anticipate al proprio personale scolastico per l’acquisto di dotazioni informatiche funzionali allo svolgimento della didattica a distanza (Dad) non deve essere tassato. A precisarlo è l’agenzia delle Entrate con risposta n. 798 del 3 dicembre 2021 (si veda il precedente articolo).

Un ente scolastico decide di corrispondere ai propri dipendenti un rimborso per spese documentate per l’acquisto di dotazioni IT necessarie per lo svolgimento della Dad. Il predetto rimborso è erogato su richiesta degli interessati e non può superare l’importo di 520 euro.

Come illustrato nel quesito, al fine della determinazione del rimborso massimo da erogare ai propri dipendenti, l’ente istante ha elaborato dei criteri oggettivi ed analitici che permettono di quantificare per ciascuna tipologia di spesa (dotazione IT, carta, toner, connessione internet) la quota di costi risparmiati dal datore di lavoro e sostenuti dal lavoratore.

A tal riguardo, l’Amministrazione finanziaria ricorda i principi fondamentali che regolamentano il diritto tributario dei redditi di lavoro dipendente. Infatti, l’intera disciplina fiscale dei redditi prodotti dai lavoratori subordinati si fonda su un principio generale di omnicomprensività della retribuzione imponibile e su disposizioni derogatorie esplicitate nella norma.

Da un lato il comma 1 dell’articolo 51 del Tuir afferma che «il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro»; dall’altro i commi successivi prevedono una serie di regole volte a ritenere determinate somme e servizi esenti totalmente o nel limite di definiti importi.

Per tali motivi i contributi obbligatori per legge (es. Inps) non sono imponibili totalmente, i contributi alle casse sanitarie non sono imponibili nel limite di 3.615,20 annui euro, i fringe benefit non sono imponibili se sotto la soglia annua di 258,23 euro (soglia raddoppiata solo per gli anni 2020 e 2021). Inoltre, le predette regole, sulla base del principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscali e contributive, sono valide anche ai fini del calcolo dei contributi e dei premi previdenziali, assistenziali e assicurativi previsti ex lege.

Ma questo apparato di regole deve considerare anche aspetti generali della fiscalità dei redditi prodotti dalle persone fisiche. Infatti, l’agenzia delle Entrate, con la risposta 798/2021, afferma che possono essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente (ad esempio, per l’acquisto di beni strumentali di modico valore, quali la carta per la fotocopiatrice o la stampante, le pile della calcolatrice, etc.).

In sostanza, non possono essere considerate imponibili le somme che non costituiscono arricchimento per il lavoratore (ad esempio, gli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale) e le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.
Può essere oggetto di tassazione solo un reddito che ha prodotto una ricchezza nuova in capo al percettore. Ma come quantificare il valore riconducibile al mero interesse del datore di lavoro che non deve essere tassato? Ci sono due strade.

La prima è indicata dal legislatore: il quale, per determinati beni e servizi identifica un criterio forfetario o convenzionale di quantificazione della quota di uso del bene nell’interesse del datore di lavoro. Tale soluzione si rinviene, ad esempio, nel calcolo del valore imponibile delle auto ad uso promiscuo concesse ai dipendenti, il quale è determinato secondo complicate regole rinvenibili dal costo chilometrico indicato annualmente nelle tabelle Aci.

La seconda, applicabile solo in assenza di una specifica indicazione normativa, consente di quantificare i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, e quindi non tassabili, utilizzando elementi oggettivi e documentalmente accertabili.

I predetti elementi oggettivi e accertabili possono essere definiti dal medesimo sostituto d’imposta senza tuttavia regole precise. In sostanza, la certezza della coerenza del calcolo può essere ottenuta unicamente tramite una risposta ad un interpello presentato alle Entrate.

Nella fattispecie oggetto del quesito i criteri in questione sono stati compiutamente forniti dall’ente istante.

Per tale motivo l’Agenzia ha ritenuto che i rimborsi spese degli strumenti informatici e tecnologici concessi agli insegnati in dad non debbano essere da assoggettare a imposta, proprio in quanto relativi a spese che il dipendente ha sostenuto non nel proprio personale interesse ma nell’interesse del datore di lavoro.


Questo articolo fa parte del Modulo24 Tuir del Gruppo 24 Ore.
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