Obbligatoria la tenuta di un registro
Le semplificazioni previste per le operazioni che rientrano nel “call of stock”, sono soggette a particolari condizioni che devono essere soddisfatte affinché la specifica normativa possa essere applicata.
In particolare, un adempimento volto al costante monitoraggio della movimentazione dei beni oggetto del contratto, è la tenuta di un apposito registro della movimentazione dei beni, sia da parte del soggetto che trasferisce i beni, sia dal destinatario degli stessi.
In realtà, anche questo adempimento non è nuovo nel panorama domestico dove l’articolo 50 del decreto legge 331/93 prevede l’obbligo di tenuta di un registro di movimentazione per i beni che vengono trasferiti da un paese all’altro della Ue, in base a un titolo diverso dal trasferimento di proprietà. Tale registro, meglio noto come registro di carico e scarico, viene tenuto dall’operatore per rilevare le movimentazioni in entrata e in uscita dei beni dal territorio dello Stato: nel registro potranno essere annotati beni nazionali di proprietà inviati in altri Stati membri che quindi non si trovano presso l’azienda, pur essendone ancora proprietaria, ovvero beni provenienti da altri Stati, che si trovano presso la società per essere, ad esempio, oggetto di lavorazione. Al contrario, non vanno annotati nel registro i beni nazionali oggetto di scambi interni.
La tenuta di questo registro è volta anche a vincere la presunzione di acquisto o di cessione di cui al Dpr 441/97.
La norma unionale non definisce il formato del registro, ma, in forza delle regole unionali e delle regole nazionali, si ritiene che il registro possa essere tenuto con modalità elettronica aggiornato a ogni prelievo sulla base del sistema gestionale che monitora costantemente la condizione delle merci oggetto dello specifico contratto.
Altro adempimento fondamentale per la documentazione delle operazioni è la trasmissione degli elenchi riepilogativi, conosciuti come elenchi Intrastat, con l’annotazione del numero identificativo Iva del soggetto individuato come “acquirente” nello Stato membro di destinazione dei beni. Detto obbligo si inserisce nel più ampio panorama delle quick fixes che, fra le linee di intervento previste per il 1° gennaio 2020, prevedono quale requisito sostanziale (e non più formale) per l’operatività in ambito intraunionale, il possesso di un numero identificativo Iva in uno Stato membro, nonché la presentazione di un elenco riepilogativo, in cui sia inserito il numero di identificazione Iva dell’acquirente, incluso nell’elenco Vies. La nuova norma contiene, inoltre, disposizioni di dettaglio volte a regolamentare le ipotesi di una possibile restituzione dei beni già inviati in altro Stato membro e già stoccati, sia riguardo alla possibilità di sostituire l’originario destinatario dei beni con altro soggetto, stabilito o meno nello Stato membro di arrivo dei beni, sia ancora il decorso del termine dei 12 mesi dall’arrivo dei beni nello Stato di destinazione ovvero l’ipotesi di distruzione o perdita dei beni stessi.