Omessa presentazione di RW: sanzione fissa se si rimedia entro 90 giorni
La risoluzione 82/E sul ravvedimento chiarisce tra l’altro che è sanzionata l’integrativa con rettifiche a favore e a sfavore
In caso di omessa presentazione del quadro RW entro il termine ordinario, è comunque ammessa la presentazione tardiva entro i 90 giorni, peraltro con il beneficio della sanzione fissa anziché proporzionale. Quest’ultima resta comunque dovuta per regolarizzazioni oltre tale termine così come per eventuali violazioni relative alle posizioni Ivie e Ivafe, sulle quali, tuttavia, non si applica né l’incremento di un terzo previsto per i redditi esteri né il raddoppio previsto per gli investimenti detenuti in Stati black list. Sono alcuni dei chiarimenti forniti dalla risoluzione 82/E/2020 pubblicata il 24 dicembre e avente ad oggetto la soluzione a quesiti di natura principalmente procedurale ed in tema di ravvedimento operoso.
Sanzione sull’intermediario per tardivo invio della dichiarazione riducibile alla metà entro 30 giorni
Il primo chiarimento riguarda la sanzione amministrativa, applicabile agli intermediari in caso di tardivo invio delle dichiarazioni, che in base all’articolo 7-bis, comma 1, del Dlgs 241/1997, può oscillare tra un minimo di 516,46 euro ed un massimo di 5.164,57 euro.
Secondo l’Agenzia, questa specifica sanzione può usufruire del beneficio della riduzione alla metà (articolo 7, comma 4-bis, del decreto legislativo 472/1997), previsto nei casi di presentazione/trasmissione di dichiarazione con un ritardo non superiore a trenta giorni, stante la natura “generale” di quest’ultima di disposizione normativa; come tale, la stessa è applicabile, in via residuale, in tutte le ipotesi - come quella in esame - in cui non sussistano disposizioni volte a disciplinare il ritardo nella presentazione di dichiarazioni. Peraltro, la relativa sanzione dimezzata può essere ulteriormente ridotta grazie al ravvedimento operoso.
Sanzione per integrativa a sfavore a rettifica di un credito già compensato
Con il secondo chiarimento, l’Agenzia precisa che, nei casi di integrativa a sfavore trasmessa per dichiarare un reddito inizialmente omesso, si applica la sola sanzione per dichiarazione infedele e non anche quella per indebita compensazione del credito risultante dalla dichiarazione originaria, divenuto inesistente a seguito della rettifica inesistente, anche se nel frattempo già compensato, in quanto questa seconda sanzione è assorbita dalla prima, in linea con quanto già indicato nella risoluzione 36/E/2018.
Sanzione per dichiarazione integrativa con correzioni sia a favore che a sfavore
Il terzo chiarimento riguarda il particolare caso di dichiarazione emendata sia per integrare una maggiore deduzione sia un maggior reddito, in relazione alla quale - precisa l’Agenzia - è comunque dovuta la sanzione per infedele dichiarazione sul maggior reddito inizialmente non indicato, a nulla rilevando la contemporanea presenza di una integrazione a favore.
Pertanto, anche qualora la correzione a favore sia superiore a quella sfavore, si applica comunque la sanzione in misura fissa, in linea con il principio secondo cui non è soggetta ad alcuna sanzione solo la presentazione di dichiarazione integrativa “interamente” a favore del contribuente.
Recupero dell’eccedenza a credito risultante da dichiarazione omessa
I due chiarimenti successivi sono rivolti alla fattispecie di eccedenza d’imposta a credito risultante da dichiarazione considerata omessa, in quanto presentata oltre novanta giorni dal termine. Al riguardo, l’Agenzia conferma il divieto di compensazione del credito con eventuali posizioni debitorie risultanti dalla medesima dichiarazione omessa, in quanto il recupero del credito è subordinato al preventivo riscontro da parte dell’Amministrazione finanziaria dell’effettività sostanziale della stessa, secondo le indicazioni già fornite con la circolare 21/E del 25 giugno 2013.
In alternativa, precisa l’Agenzia, è sempre possibile procedere con la richiesta di rimborso, ma in tal caso il contribuente è tenuto a rispettare la procedura prevista dall’articolo 38 del Dpr 60271973, non potendo l’istanza ritenersi assolta indirettamente, mediante la presentazione delle dichiarazione omessa.
Sanzioni da tardiva presentazione del quadro RW
Gli ultimi due chiarimenti, infine, riguardano i punti, anticipati in apertura, relativi alla fattispecie di tardiva presentazione del quadro RW. L’agenzia delle Entrate, richiamando i principi già indicati nei precedenti documenti di prassi (circolare 11/E del 12 marzo 2010 e risoluzione 42/E del 12 ottobre 2016), conferma di fatto la tesi - ormai consolidata - secondo cui il quadro RW, sebbene destinato all’assolvimento di obblighi dichiarativi non necessariamente connessi a redditi (bensì a meri obblighi di monitoraggio previsti dal Dl 167/1990), non rappresenta una dichiarazione autonoma e distinta dalla principale.
La prima conseguenza di tale principio è che, ove la dichiarazione annuale sia stata presentata nei termini o al più in via tardiva e dunque non si consideri omessa, è sempre consentita la compilazione e l’invio del solo frontespizio e del quadro RW, anche oltre il termine massimo di 90 giorni previsto dall’articolo 2, comma 7, del Dpr 322/1998.
La seconda conseguenza attiene ai profili sanzionatori dell’omessa compilazione del quadro RW, per i quali peraltro occorre distinguere a seconda che la presentazione avvenga entro oppure oltre i novanta giorni dal termine ordinario.
1) Nel primo caso, infatti, la sanzione applicabile è quella fissa di 258 euro, riducibile a un decimo (dunque a 25 euro) mediante ravvedimento entro tale termine, oltre quella del trenta per cento, anch’essa riducibile per ravvedimento operoso, su eventuali imposte Ivie o Ivafe.
2) Nel secondo caso, la sanzione per tardiva compilazione del quadro RW è applicata in misura proporzionale, con un minimo di 3% sugli importi degli investimenti omessi (6% se detenuti in Stati black list), oltre quella del 90% su eventuali imposte Ivie/Ivafe, per le quali - tuttavia - non si applica né l’incremento di un terzo previsto per i redditi esteri né il raddoppio nell’ipotesi di investimenti detenuti in Stati black list. E ciò - ed è forse questo il chiarimento di maggiore rilevanza insieme a quello relativo al primo punto - in quanto l’Ivie e l’Ivafe non derivano da redditi prodotti all’estero.