Quadro RW e titolare effettivo, identikit antiriciclaggio non vincolante
La risposta a interpello 506 esclude l’obbligo per il protector di un trust estero e ribadisce la differente finalità del monitoraggio fiscale
Si consolida il principio che il rinvio fatto dalle disposizioni sul monitoraggio fiscale nel quadro RW della dichiarazione dei redditi alla legge antiriciclaggio ai fini nell’individuazione dei titolari effettivi di entità diverse dalla società non deve essere inteso in senso letterale.
Si deve invece tener conto delle finalità del monitoraggio che sono di garantire il corretto adempimento degli obblighi tributari in relazione ai redditi derivanti da investimenti all’estero e da attività estere di natura finanziaria da parte di taluni soggetti residenti.
Si tratta di un principio molto importante perché evita che l’Amministrazione finanziaria sia inondata di informazioni (per lo più duplicate) che, invece di agevolare la selezione dei contribuenti da assoggettare a verifica, si dimostrino addirittura fuorvianti. Infatti, poiché i titolari effettivi di entità che detengono attività estere o all’estero, sono tenuti a dichiarare il valore complessivo degli investimenti detenuti all’estero dall’entità e delle attività estere di natura finanziaria ad essa intestate, nonché la percentuale di patrimonio nelle entità stessa, è facile immaginare la confusione che si genererebbe se fondatori, beneficiari, trustee e protector comunicassero tutti insieme lo stesso patrimonio.
L’indirizzo - originariamente espresso con riferimento alle fondazioni italiane con attività all’estero (risoluzione 53/E del 2019) - è stato ribadito, dalla risposta 506 del 2020, anche con riferimento ai trust esteri (nel caso oggetto del quesito il trust era stato qualificato, dai beneficiari, come “interposto”, ma l’orientamento è a maggior ragione applicabile ai trust genuini).
Si può cominciare a dare alcuni punti fermi. Vediamoli nel dettaglio.
Ai fini del monitoraggio fiscale non assume rilevo l’articolo 22 del Dlgs 231 del 2007 che, a soli fini antiriciclaggio, considera come titolari effettivi di un trust non solo i disponenti e i beneficiari, ma anche lo stesso trustee, e il protector (si veda anche la risposta all’interpello n. 956-1722/2018, non ancora pubblicata). Pertanto, per quanto riguarda il trustee, vale ancora la circolare 38/E del 2013 nella parte in cui afferma che il trustee non è obbligato al monitoraggio perché si limita ad amministrare i beni segregati nel trust e ne dispone secondo il regolamento del trust o le norme di legge e non nel proprio interesse. La risposta 506 del 2020, esclude anche che l’obbligo riguardi il protector. È invece obbligato il trust italiano, come soggetto fiscale, ove detenga attività estere o all’estero.
Sia con riferimento al protector, sia con riferimento agli amministratori di una fondazione o agli amministratori di una società valgono i principi generali sanciti con la circolare 10/E del 2014, risposta 13.2, ribaditi nella risoluzione 53/E del 2019 e nella risposta 506 del 2020. Ai fini del monitoraggio deve sussistere una relazione giuridica (intestazione) o di fatto (possesso o detenzione) tra il soggetto e le attività estere oggetto di dichiarazione (circolare n. 10/E del 2014, paragrafo 13.2). Pertanto, da un lato sono tenuti agli obblighi di monitoraggio non solo i titolari delle attività detenute all’estero, ma anche coloro che ne hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione. Diversamente, dall’altro lato, è esclusa l’esistenza di un autonomo obbligo di monitoraggio nell’ipotesi in cui il soggetto possa esercitare - in relazione alle attività detenute all’estero - un mero potere dispositivo in esecuzione di un mandato per conto del soggetto intestatario. Conseguentemente (risposta 506 del 2020) il protector non è soggetto a monitoraggio quando abbia solo un potere di vigilare sull’operato del trustee, anche quando la sua funzione sia esercitata attraverso il preventivo ed obbligatorio consenso che il trustee è tenuto ad ottenere dallo stesso per esercitare i poteri discrezionali attribuitigli dall’atto di trust.
Se l’entità è interposta dal punto di vista fiscale (articolo 37, comma 3 del Dpr 600/73), l’interponente è direttamente titolare (sempre dal punto di vista fiscale) delle attività. L’interponente può essere il disponente - come nel caso di trust autodichiarato (interpello della Dre Toscana n. 911-590/2018) o il fondatore, ma anche il beneficiario; dipende dalla sostanza del rapporto che intercorre con il titolare formale delle attività.