Verifica sul requisito del controllo per scongiurare l’interposizione fittizia
Dalla circolare 38/E/2013 la posizione dell’Agenzia è stata sempre molto rigida
Non è semplice individuare i titolari effettivi delle entità non interposte. I riferimenti normativi dovrebbero essere l’articolo 20, comma 4 per le fondazioni italiane e l’articolo 20, comma 1 per le altre entità. Per le fondazioni i titolari effettivi ai fini dell’antiriciclaggio sono:
a) i fondatori, ove in vita;
b) i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili;
c) i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione.
Esclusi gli amministratori per effetto della risoluzione 53/E del 2019, bisogna approfondire il ruolo dei fondatori in vita e dei beneficiari tenuto conto degli scopi del monitoraggio fiscale citati, ossia «garantire il corretto adempimento degli obblighi tributari in relazione ai redditi derivanti da investimenti all’estero e da attività estere di natura finanziaria». Partendo dalle fondazioni italiane, bisogna tener presente che esse perseguono tradizionalmente uno scopo di pubblica utilità (condizione, tra l’altro, richiesta per l’esenzione da imposta di donazione) e il loro statuto prevede - anche se ciò non è imposto dalla legge – che, al verificarsi di una causa di estinzione, le attività residue debbano essere devolute ad enti con scopo analogo e non ai fondatori o loro aventi causa. È quindi evidente da un lato che non vi è una relazione giuridica o di fatto tra i fondatori o i beneficiari (di norma individuati, peraltro, solo come categorie) e le attività estere oggetto di dichiarazione; dall’altro che né i fondatori né gli eventuali beneficiari hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione di tali attività. Sono entrambe criteri distintivi frequentemente evidenziati dall’Agenzia. Deve quindi essere escluso, in questi casi, che essi abbiano obblighi di monitoraggio. Sotto questo aspetto, va segnalato, con riferimento alla posizione del fondatore di una persona giuridica privata italiana con finalità di promozione culturale, l’interpello della Dre Toscana interpello n. 911-303/2020.
Pare che a queste conclusioni si debba giungere anche nel caso di fondazioni estere con scopo filantropico organizzate in modo analogo a quelle italiane sopra descritte.
Per quanto riguarda le altre entità italiane o estere, la norma di riferimento dovrebbe essere il comma 1 dell’articolo 20 che individua il titolare effettivo nel soggetto cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo. È ovvio, in primo luogo, che se l’ente non è interposto la proprietà non può che essere indiretta. Anzi, nel caso dei beneficiari - sempreché individuati o, secondo una certa prassi, individuabili con certezza – più che di proprietà indiretta si dovrebbe parlare di aspettativa.
Un’aspettativa, peraltro, molto debole quando gli amministratori del patrimonio (il trustee o il consiglio di fondazione nel caso delle fondazioni di famiglia) abbiano discrezionalità nello stabilire i criteri di attribuzione del patrimonio o dei redditi ai singoli beneficiari. Questo, però, è un campo nel quale le sfumature pesano. E, a giudicare dalla circolare 38/E del 2013 e da un recente interpello inedito reso noto dalla stampa specializzata, la posizione dell’Agenzia, sui beneficiari è piuttosto rigida. Il criterio del controllo è quello che richiede la maggiore attenzione. Se il controllo da parte del fondatore o disponente o dei beneficiari riguarda solo la gestione del patrimonio (in particolare le politiche d’investimento), la loro posizione non dovrebbe essere dissimile da quella degli amministratori di fondazioni o società italiane o del protector dei trust; se invece riguarda anche, ma anche solo, le scelte sulla devoluzione dei redditi o del patrimonio - compreso eventuali utilizzi dei beni che lo compongono per scopi personali propri o di congiunti - è facile che si scivoli nella casistica dell’interposizione fittizia.