Imposte

Patent box, la documentazione può evitare il reato di infedele dichiarazione

Secondo Assonime la sanzione penale richiede il dolo specifico non ravvisabile nella condotta collaborativa

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di Massimo Bellini

Disapplicazione delle sanzioni penali, possibilità di remissione in bonis ed estensione del regime premiale al nexus ratio. Sono questi alcuni dei temi trattati nella circolare Assonime del 24 gennaio sul “rilancio” del patent box, che analizza le novità del decreto crescita e i dubbi applicativi. L’articolo 4 del Dl 34/2019 (decreto crescita) ha introdotto un regime opzionale di autoliquidazione dell’agevolazione che si affianca a quello esistente. Si tratta di un’importante novità con cui il legislatore ha voluto rilanciare il patent box, dopo che tempi lunghi della procedura, uscita dei marchi e difficoltà operative ne avevano ridotto l’interesse.

Sanzione penale solo con dolo specifico
L’opzione per il nuovo regime comporta la predisposizione di documentazione idonea che, in caso di contestazione, consente la disapplicazione delle sanzioni amministrative. La penalty protection dovrebbe riguardare anche le sanzioni penali per infedele dichiarazione ex articolo 4 del Dlgs 74/2000. La sanzione penale richiede infatti il dolo specifico e quindi un disvalore del comportamento che, in analogia alla disciplina sui prezzi di trasferimento, non si può ravvisare nel comportamento collaborativo richiesto dalla norma. Da confermare inoltre che la penalty protection possa essere estesa alla determinazione del nexus ratio ed al tracking and tracing dei costi. Il provvedimento del 30 luglio 2019 prevede la possibilità di indicare nella documentazione idonea i criteri di quantificazione del nexus e del tracking and tracing. Tale disposizione non avrebbe alcuna utilità se ad essa non si ricollegasse la possibilità di disapplicare le sanzioni.

Esercizio dell’opzione
La novità del decreto crescita potrebbero inoltre estendere le possibilità di remissione in bonis ex articolo 2, comma 1, del Dl 16/2012, ovvero le possibilità di esercitare l’opzione dopo la scadenza. Con il vecchio regime infatti oltre all’opzione, il contribuente con utilizzo diretto era obbligato a presentare istanza di ruling, pertanto la sola remissione in bonis dell’opzione non era sufficiente. Non essendo ora più necessaria l’istanza di ruling il contribuente in futuro potrebbe avvalersi di tali disposizioni per sanare sia la mancata opzione per l’agevolazione che quella per l’autoliquidazione.

Obbligo di ruling
La circolare analizza le relazioni tra il ruling e l’autoliquidazione. Poiché l’opzione per il regime di autoliquidazione è annuale il mancato esercizio dovrebbe comportare il ripristino della disciplina originaria e quindi, in caso di utilizzo diretto, l’obbligo di ruling. Ci si chiede inoltre se in futuro i due regimi siano rigorosamente alternativi, ovvero se sia possibile rinunciare al ruling dopo aver presentato l’istanza ed optare per l’autoliquidazione (come espressamente previsto dalla norma per il pregresso).

Una risposta negativa, che potrebbe desumersi dal tenore letterale del provvedimento, sarebbe oltremodo penalizzante e non in linea con l’obiettivo del decreto crescita di rilanciare il patent box. Un’apertura potrebbe invece desumersi dalle risposte ad alcune istanze di rinnovo di ruling in scadenza nel 2019 che le Entrate avrebbero approvato, previa verifica dell’esercizio dell’opzione per l’autoliquidazione in dichiarazione. Si auspica inoltre che i dibattiti in corso all’Ocse possano portare a riconsiderare l’esclusione dei marchi, vista l’importanza strategica per il nostro paese.

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