Imposte

Perdite e Ace, trasformazione delle Dta più efficace senza canone

Il versamento riduce il vantaggio dell’anticipata monetizzazione degli asset fiscali consentita dal Dl 18/2020

di Giosuè Manguso

Le differenze tra l’incentivo finanziario consentito dal regime una tantum di monetizzazione di alcuni asset fiscali (articolo 55 decreto «Cura Italia») e la disciplina ordinaria di trasformazione delle Dta (articolo 2 del Dl 225/2010) sollevano più di un dubbio sull’obbligo di assoggettamento al versamento del canone annuo (articolo 11 del Dl 59/2016), stabilito dall’articolo 55 del decreto «Cura Italia» (Dl 18/2020) anche per le imprese che intendano fruire soltanto del regime di trasformazione delle Dta previsto in presenza di cessione di crediti deteriorati.

Il meccanismo
Il versamento del canone richiesto per mantenere il diritto a trasformare Dta in crediti di imposta è stato introdotto nel 2016 (articolo 11 del Dl 59/2016) per superare le criticità sollevate dalla Commissione europea e riguardanti il profilo di compatibilità con la disciplina degli «aiuti di Stato» di tale regime di conversione per quelle attività per imposte anticipate per le quali non ci fosse «copertura finanziaria», ossia per quelle Dta cui non corrispondeva un pari ammontare di imposte anticipate effettivamente versate (le «Dta di tipo 2»). Per queste ultime, infatti, il diritto alla trasformazione è stato subordinato al versamento di un canone annuo pari all’1,5 di una base imponibile pari alla differenza tra la somma delle Dta qualificate rilevate dall’esercizio 2008 all’anno di trasformazione (incluse le Dta trasformate in credito d’imposta) e l’ammontare delle imposte versate con riferimento agli stessi anni. L’esercizio dell’opzione, avvenuto con il versamento del canone entro il 31 luglio 2016, è irrevocabile e comporta l’onere di effettuare il calcolo ogni anno fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2029. È altresì previsto il diritto di continuare a trasformare Dta anche in assenza dell’esercizio di tale opzione; in questo caso, le Dta convertibili sono limitate a quelle di «tipo 1», vale a dire alle Dta qualificate aventi un ammontare non superiore a quello delle imposte effettivamente versate.

Regime differente
Il versamento del canone, dunque, è stato introdotto in un regime di conversione che, per ratio e oggetto di trasformazione, è differente dall’incentivo finanziario previsto dal decreto «Cura Italia». Infatti, mentre con l’articolo 2 del Dl 225/2010 si è cercato di ridurre l’impatto delle disposizioni fiscali che differiscono il periodo di deducibilità di un onere rispetto al periodo in cui lo stesso si manifesta contabilmente, e (per gli intermediari finanziari) di garantire a determinate Dta una “qualità” patrimoniale sufficiente a evitare la deduzione delle stesse dal patrimonio di vigilanza (circolare 37/E/2012), con l’articolo 55 in commento il legislatore ha semplicemente incentivato la cessione di crediti deteriorati che le imprese hanno accumulato negli ultimi anni, anche per effetto della crisi finanziaria, con l’obiettivo di sostenerle sotto il profilo della liquidità nel fronteggiare l’attuale contesto di incertezza economica (relazione illustrativa). Inoltre, la differenza di regimi emergerebbe anche sotto un profilo più squisitamente tecnico. Le attività per imposte anticipate, infatti, sottendono un anticipo di imposte versate per effetto di oneri temporaneamente non ammessi in deduzione; per tale motivo, la previsione del canone è stata prevista soltanto nelle ipotesi in cui a determinate Dta qualificate non corrisponde un pari ammontare di imposte versate.

Viceversa, nell’agevolazione della cessione dei crediti deteriorati ciò che di fatto si tende a rendere più liquidabile non sono le Dta quanto gli asset fiscali rappresentati dalle perdite fiscali riportabili e l’eccedenza Ace. In altri termini, la norma si occupa di Dta a fronte delle quali non vi è stato un anticipo finanziario di imposte, e questa è la principale differenza che la disposizione introdotta dall’articolo 55 presenta rispetto al regime ordinario di conversione delle Dta in crediti di imposta.

Pertanto, prima ancora di effettuare un’analisi comparativa dei differenti presupposti oggettivi, soggettivi e di calcolo, e senza entrare nel merito della stessa disposizione che presenta non pochi dubbi applicativi, già la sola circostanza per la quale i componenti per cui si incentiva un’accelerata monetizzazione (perdite riportabili ed eccedenze Ace) non si siano generati per effetto di oneri non ammessi temporaneamente in deduzione dà luogo ad un incentivo finanziario una tantum che non sembra presentare elementi di comunanza con la disciplina ordinaria di trasformazione delle Dta, per la quale è stato previsto l’onere del versamento di un canone.

I termini operativi
Inoltre, elementi di incompatibilità della previsione dell’opzione del canone all’interno del regime previsto dall’articolo 55 del decreto «Cura Italia» si presenterebbero anche in termini operativi. Infatti, se un soggetto non intermediario finanziario non ha mai applicato l’articolo 11 del Dl 59/2016 (perché non ha mai trasformato Dta, non disponendo di avviamento), si potrebbe trovare nella condizione di dover versare il canone (perché il valore delle Dta iscritte è maggiore dell’ammontare delle imposte versate) non solo nell’(unico) anno di trasformazione (i.e. 2020) ma anche negli anni successivi, in cui non è possibile effettuare alcuna trasformazione, la quale, come noto, è prevista soltanto per le cessioni di crediti deteriorate effettuate entro il 31 dicembre 2020. Viceversa, se la medesima impresa non ha iscritto Dta il canone potrebbe essere versato soltanto nell’anno della trasformazione (a condizione che il credito di imposta sia maggiore delle imposte effettivamente versate).

Il calcolo
Infine, poiché l’articolo 55 impone di considerare, nell’ammontare delle attività per imposte anticipate da conteggiare nel calcolo dell’eventuale canone, sia le Dta trasformabili in crediti d’imposta ai sensi dell’articolo 55 sia i crediti d’imposta ottenuti, per le imprese che hanno contabilizzato le Dta sulle perdite fiscali riportabili e sull’eccedenza Ace la base imponibile del canone potrebbe non essere correttamente calcolata.

Per concludere, la fruizione del regime speciale di conversione delle Dta non dovrebbe comportare l’assoggettamento al calcolo del canone; conseguentemente, le imprese che già applicano il regime ordinario di trasformazione non dovrebbero considerare le Dta su perdite fiscali ed «eccedenza Ace» all’interno del calcolo del canone annuo. Così come le imprese che non hanno mai convertito ex articolo 2 del Dl 225/2010 (e, dunque, che non hanno mai versato l’eventuale canone) dovrebbero poter fruire dell’incentivo di cui all’articolo 55 senza dover esercitare l’opzione prevista dall’articolo 11.

La neutralizzazione del vantaggio
Se, dunque, il legislatore intende aumentare la liquidità di alcune imprese sarebbe opportuno realizzare questo obiettivo eliminando il canone in questione, che, in certi casi, potrebbe far venir meno il vantaggio dell’anticipata monetizzazione dell’utilizzo di perdite fiscali e dell’eccedenza Ace. Si auspica, dunque, che nel corso dei lavori parlamentari di conversione in legge del decreto «Cura Italia» si elimini il rinvio alla disciplina del canone prevista dall’articolo 11 del Dl 59/2016 .

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