Plusvalenza non tassabile per la cessione di immobili da demolire
Retromarcia delle Entrate: la vendita di fabbricato in un piano di recupero non è assimilabile a quella di un’area edificatoria
La cessione di fabbricati ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero approvato in via definitiva dal Comune, non è riconducibile alla fattispecie della cessione del terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria con la conseguente intassabilità della plusvalenza. Il cambio di passo della agenzia delle Entrate è contenuto nella circolare 23/E del 29 luglio.
Si tratta della fattispecie contemplata dall’articolo 67, lettera b) del Tuir in base alla quale concorrono a formare il reddito, fra l’altro le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, da parte di soggetti non rientranti nel reddito di impresa. La stessa norma prevede anche il realizzo di plusvalenza in presenza di cessione di qualsiasi immobile acquistato da meno di cinque anni.
In passato l’agenzia delle Entrate con risoluzione 395/E del 22 ottobre 2008, oltremodo criticata in dottrina, aveva sostenuto che la cessione di fabbricati compresi nei piani di recupero erano riconducibili alla fattispecie della cessione del terreno edificabile. Ciò in quanto a parere della Agenzia i fabbricati che ricadono in un piano di recupero hanno la possibilità di sviluppare in termini di incremento, le cubature esistenti non potendo essere considerati fabbricati essendo ormai privi di valore economico. L’Agenzia rafforzava la propria convinzione in base al prezzo della compravendita che magari era in linea con quello delle aree edificabili piuttosto che con quello di fabbricati fatiscenti. L’agenzia delle Entrate però cadeva in contraddizione quando ai fini dell’imposte indirette applicava le imposte previste per le cessioni di fabbricati e non di terreni edificabili.
Il parere contrario della Cassazione
La corte di Cassazione non ha mai condiviso l’interpretazione della agenzia delle Entrate. Infatti con la sentenza n. 5088 del 21 febbraio 2019 ha stabilito che la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile sottostante neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacita edificatoria del lotto su cui insiste. Ne può essere qualificata come cessione di area anche in presenza della pattuizione di demolire e riscostruire. Quindi secondo i giudici di legittimità se su una area insiste un qualsivoglia fabbricato essa deve considerarsi già edificata e quindi non può essere ricondotta alla previsione di area “suscettibile di utilizzazione edificatoria” tassabile ai sensi dell’articolo 67 del Tuir. La plusvalenza non sussiste se il cedente, possedeva l’immobile da oltre cinque anni. L’Agenzia, alla luce della netta posizione della giurisprudenza di legittimità, considera non più sostenibile la propria interpretazione sfavorevole al contribuente.Le stesse conclusioni condivisibili dell’agenzia delle Entrate devono essere estese anche all’Imu perché vi sono Comuni che in presenza di fabbricati collabenti pretendono l’imposta sulla area di sedime anche se in zona agricola.