Verso Telefisco / Rafforzamento patrimoniale ad ostacoli per le holding (e per i soci)
Soci esclusi dal tax credit se si sceglie la strada del doppio aumento di capitale (madre-figlia)
L’applicazione dell’incentivo al rafforzamento patrimoniale delle imprese (articolo 26 del decreto rilancio) si scontra con molte difficoltà concrete. Una di queste riguarda la situazione in cui una società non è posseduta direttamente da persone fisiche perché esse hanno utilizzato lo strumento di una società holding per concentrare le partecipazioni. Nel caso più comune, siamo in presenza delle cosiddette “holding di famiglia”, nelle quali le persone fisiche detengono la holding la quale, a sua volta, controlla al 100 per cento la società operativa.
Con la prima strada benefici a metà
Ipotizziamo ora che la società operativa (la figlia) preveda di conseguire perdite nell’esercizio 2020, e che quindi il “gruppo” valuti la possibilità di ricorrere ad una copertura mediante un aumento di capitale. A seconda della strada intrapresa, ci sono effetti ben diversi in relazione alla normativa del nuovo credito di imposta.La strada che normalmente verrebbe seguita sarebbe quella di effettuare un doppio aumento di capitale: quello della figlia verrebbe sottoscritto dalla holding, e quello della holding dai suoi soci.
È probabile che, in assenza della norma di agevolazione, si utilizzerebbe lo strumento più snello del versamento soci in conto capitale, tuttavia ipotizziamo la scelta dell’aumento in modo da rispettare il requisito richiesto per la fruizione del credito di imposta.Se la via adottata è questa, scopriamo che ai soci persone fisiche non spetta alcun beneficio, dato che le società holding sono soggettivamente escluse dai beneficiari della norma. Anche la holding in quanto socia della figlia è però espressamente esclusa, dato che il comma 5 dell’articolo 26 non concede il credito ai soci conferenti che risultano società controllanti. Tra altro, questa esclusione opererebbe anche se la holding sottoscrivesse l’aumento con risorse proprie che già possiede.
In pratica, dovrebbe rimanere solo il possibile beneficio sulla società operativa: il credito di imposta del 50 per cento delle perdite che eccedono il 10 per cento del patrimonio netto. Questo credito, infatti, per come è scritta la norma, sembra spettare anche quando i conferimenti in denaro arrivano da società controllanti.
La via della sottoscrizione diretta
Esiste però una seconda possibilità operativa: solo la società figlia potrebbe deliberare l’aumento di capitale per copertura delle perdite, e le persone fisiche potrebbero sottoscrivere direttamente questo aumento. Ai fini del beneficio fiscale le cose cambiano radicalmente: i sottoscrittori dell’aumento sono di fatto nuovi soci della società, e quindi possono fruire del credito di imposta del 20 per cento. Alla società, naturalmente, continua a spettare il bonus calcolato sulle perdite.
Se la “questione fiscale” sembra così risolta, rimane però un problema di fondo. L’adozione di un modello proprietario in cui è prevista la presenza di una holding deriva dalla necessità di accentrare in tale soggetto le partecipazioni nella società operativa (per ragioni di governance, di scelta successoria, e così via). Ora, per inseguire il beneficio fiscale, le persone fisiche si trovano ad entrare direttamente nel capitale della società operativa, alterando quindi gli equilibri di partenza.A questa situazione si potrebbe porre rimedio intervenendo sulla norma, magari adottando un meccanismo di “sterilizzazione” sulla scorta di quanto previsto per l’Ace. Ad esempio, si potrebbe rimuovere l'esclusione delle holding, prevedendo però che ai loro soci spetti il credito di imposta solo per gli aumenti di capitale che la holding a sua volta riversa in società partecipate.
Questo articolo fa parte della serie di anticipazioni allo Speciale Telefisco del 23 giugno: leggi gli altri articoli dei relatori e vedi il programma del webinar e degli altri 8 appuntamenti.