Controlli e liti

Ricerca e sviluppo, sanzioni per crediti inesistenti solo con la frode

Circolare 1/2021 di Assonime: nessun automatismo ma si deve valutare il comportamento. Indebita compensazione per i casi più gravi

Le sanzioni per credito inesistente contestate dagli Uffici per gli atti recupero del credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo (articolo 3 del Dl 145/2013) non possono essere applicate in maniera “automatica”, dovendosi piuttosto valutare, caso per caso, il comportamento eventualmente fraudolento del contribuente. È quanto emerge dala circolare Assonime 1/2021 diffusa ieri 26 gennaio. Si ricorda che l’agenzia delle Entrate (circolare 31/E/2020, si veda l’articolo del 23 dicembre 2020) si è soffermata, di recente, sulle modalità e i tempi per l’esercizio delle attività di accertamento finalizzate a verificare la sussistenza delle condizioni di spettanza, tra l’altro, del credito d’imposta dell’articolo 3 del Dl 145/2013 e la corretta applicazione della relativa disciplina. Al riguardo, è stato precisato che, qualora a seguito dei controlli sia accertato che le attività o spese sostenute non siano ammissibili al credito d’imposta ricerca e sviluppo, si configura un’ipotesi di utilizzo di un credito inesistente, per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo, ed il relativo atto di recupero dovrà essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione.

Si tratta di una scelta di non poco conto, visto che la sanzione per utilizzo del credito d’imposta «non spettante» è pari al 30% del credito stesso; viceversa, per il credito «inesistente» si applica la sanzione dal 100% al 200%, non essendo peraltro consentita la «definizione agevolata». Il contribuente può beneficiare della riduzione delle sanzioni prevista per il ravvedimento operoso prima che sia stato notificato l’atto di recupero. Inoltre, i competenti Uffici, in ragione delle circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, potranno applicare la sanzione per credito inesistente riducendola sino alla metà del minimo edittale.

Secondo Assonime, però, la sanzione prevista per l’indebita compensazione di crediti “inesistenti” dovrebbe riguardare le sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente, quali ad esempio quelle in cui l’impresa non abbia svolto alcuna attività che nemmeno in astratto possa qualificarsi quale attività di ricerca e sviluppo, oppure si sia limitata ad effettuare meri investimenti in beni materiali e immateriali o, ancora, nei casi in cui non risultano soddisfatti gli oneri documentali che sono stati previsti dal legislatore proprio a salvaguardia dell’effettività dell’investimento.

Più in generale, dovrebbe essere individuata una soluzione a livello normativo per il passato. In considerazione delle tante incertezze interpretative che hanno caratterizzato la disciplina, si è dell’avviso andrebbe per questo ipotizzata una sanatoria per i contribuenti, peraltro a suo tempo avanzata dallo stesso Mise (si veda Il Sole 24 Ore del 12 maggio 2020), che consentisse ai contribuenti di regolarizzare le supposte indebite compensazioni senza applicazione delle sanzioni.

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