Rientro dei cervelli, il cittadino extra Ue non deve dimostrare di avere una laurea
Un cittadino extra Ue, che ha trasferito la residenza in Italia, per fruire del beneficio del “rientro dei cervelli” di cui all’articolo 16 del Dlgs 147/2015 deve poter dimostrare anche il possesso di laurea (attraverso dichiarazione di valore) e l’esperienza lavorativa (continuativa per almeno 24 mesi) all’estero, o anche in questo caso sono dal 2020 venute meno queste condizioni? T. M. - Sondrio
La versione dell’articolo 16, comma 1, del Dlgs 147/2015 attualmente in vigore prevede che «i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni:
a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
b) l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano».
Come si può rilevare, tale comma, differentemente da quanto previsto dal successivo comma 2 dello stesso articolo, richiede solo che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro in Italia e si impegni a risiedere nel nostro Paese per almeno due anni svolgendovi, in modo prevalente, la propria attività lavorativa. In questo senso è anche il paragrafo 7.12 della circolare 33/E del 2020 che precisa che «mentre ai sensi del comma 2 dell’articolo 16 possono accedere al regime degli impatriati i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra Ue con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, il comma 1 non pone alcun tipo di limitazioni al riguardo, con la conseguenza che tutti i lavoratori che rispondono alle caratteristiche delineate dalla norma [che, come sopra riportato, non prevede né il possesso di un titolo di laurea né l’aver svolto «continuativamente» un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi, ndr], indipendentemente dalla loro cittadinanza, possono accedere al regime in esame».
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