Imposte

Società semplici, dividendi tassati sui soci anche se di fonte estera

Assonime: applicazione ai soci sia residenti in Italia che oltreconfine

di Marco Piazza

La nuova tipologia di tassazione dei dividendi percepiti da società semplice direttamente in capo ai soci deve essere applicata non solo ai dividendi di fonte italiana, ma anche a quelli di fonte estere e deve riguardare sia i soci residenti in Italia, sia quelli non residenti.

A causa del nuovo meccanismo, la compagine sociale (della società semplice) incisa dal tributo è quella risultante al momento della percezione del dividendo e non quella risultante alla chiusura del periodo d’imposta della società semplice, con rilevanti incongruenze in termini operativi.

È inoltre auspicabile che l’obbligo di rilasciare la certificazione degli utili (modello Cupe) ai soci della società semplice obbligati ad includere la propria quota di utile nel reddito complessivo (imprenditori individuali, società di capitali, società di persone, enti commerciali e non commerciali residenti ) sia posto a carico della società semplice (che ha il rapporto diretto con il socio) e non a carico degli emittenti e - nel caso di azioni dematerializzate - degli intermediari.

Si deve, infine ritenere che il nuovo regime di trasparenza - applicabile per i dividendi corrisposti dal 25 dicembre 2019 - faccia salva l’applicazione del regime transitorio per i dividendi “qualificati” formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017

Queste in sintesi, le principali considerazioni contenute nella circolare Assonime n. 3 del 2020, in cui viene fatto il punto su una normativa che sta creando non pochi problemi agli operatori e che – pur essendo in vigore da tre mesi – è restata del tutto prima di istruzioni ufficiali.

Di particolare utilità è lo sforzo interpretativo mirante a conciliare il primo periodo del comma 1 dell’articolo 32 quater del Dl 124 del 2019 con il successivo periodo dello stesso comma.

Il primo periodo infatti, sancisce chiaramente che«i dividendi corrisposti alla società semplice si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale». Tuttavia, il secondo periodo fornisce disposizioni di dettaglio che riguardano solo i dividendi di fonte italiana per la parte imputabile ad alcune tipologie di soci residenti in Italia. Ciò ha indotto a ritenere che il legislatore abbia inteso far concorrere al reddito complessivo della società semplice sia gli utili corrisposti da entità non residenti sia gli utili di fonte italiana di pertinenza di non residenti.

Se la norma venisse interpretata in questo modo sarebbe in conflitto con il diritto dell’Unione europea. È quindi necessario intendere il secondo periodo solo come una traduzione operativa del principio nunciato nel primo; quindi disciplina analitica di alcuni aspetti del nuovo sistema di tassazione.

La nuova tipologia di tassazione dei dividendi percepiti da società semplice direttamente in capo ai soci deve essere applicata non solo ai dividendi di fonte italiana, ma anche a quelli di fonte estere e deve riguardare sia i soci residenti in Italia, sia quelli non residenti.

A causa del nuovo meccanismo, la compagine sociale (della società semplice) incisa dal tributo è quella risultante al momento della percezione del dividendo e non quella risultante alla chiusura del periodo d’imposta della società semplice, con rilevanti incongruenze in termini operativi (si veda Il Sole 24 Ore del 3 marzo 2020).

È inoltre auspicabile che l’obbligo di rilasciare la certificazione degli utili (modello Cupe) ai soci della società semplice obbligati ad includere la propria quota di utile nel reddito complessivo (imprenditori individuali, società di capitali, società di persone, enti commerciali e non commerciali residenti ) sia posto a carico della società semplice (che ha il rapporto diretto con il socio) e non a carico degli emittenti e – nel caso di azioni dematerializzate ̶degli intermediari

Si deve, infine ritenere che il nuovo regime di trasparenza ̶ applicabile per i dividendi corrisposti dal 25 dicembre 2019 ̶ faccia salva l’applicazione del regime transitorio per i dividendi “qualificati” formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017

Queste in sintesi, le principali considerazioni contenute nella circolare Assonime n. 3 del 2020, in cui viene fatto il punto su una normativa che sta creando non pochi problemi agli operatori e che – pur essendo in vigore da tre mesi – è restata del tutto prima di istruzioni ufficiali.

Di particolare utilità è lo sforzo interpretativo mirante a conciliare il primo periodo del comma 1 dell’articolo 32 quater del Dl 124 del 2019 con il successivo periodo dello stesso comma.

Il primo periodo infatti, sancisce chiaramente che «i dividendi corrisposti alla società semplice si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale». Tuttavia, il secondo periodo fornisce disposizioni di dettaglio che riguardano solo i dividendi di fonte italiana per la parte imputabile ad alcune tipologie di soci residenti in Italia. Ciò ha indotto a ritenere che il legislatore abbia inteso far concorrere al reddito complessivo della società semplice sia gli utili corrisposti da entità non residenti sia gli utili di fonte italiana di pertinenza di non residenti.

Se la norma venisse interpretata in questo modo sarebbe in conflitto con il diritto dell’Unione europea. È quindi necessario intendere il secondo periodo solo come una traduzione operativa del principio nunciato nel primo; quindi disciplina analitica di alcuni aspetti del nuovo sistema di tassazione.

In particolare, con riferimento al problema dei dividendi di fonte italiana di pertinenza di non residenti, si potrebbe ritenere che l'emittente - in possesso delle informazioni necessarie - possa applicare direttamente il corrispondente regime fiscale, compreso quello eventualmente previsto dalle convenzioni contro le doppie imposizioni. Per quanto riguarda i dividendi di fonte estera, invece, la soluzione più idonea sarebbe quella di attribuire – come prospettato in dottrina – il ruolo di sostituto d'imposta alla società stessa.

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