Su leasing e noleggio esteri l’imposta resta italiana
La liberalizzazione prevista dal Codice per la strada non apre varchi a risparmi. La regola tributaria vale sia per le flotte aziendali sia per i clienti privati
Il Codice della strada cambia, l’Iva no. Così la “liberalizzazione” della circolazione con targa estera per i residenti in Italia non basta a evitare l’Iva italiana, penalizzante in termini di aliquota e detraibilità rispetto all’estero.
L’articolo 93-bis, comma 2 del Codice, introdotto dalla Legge europea 2019/2020 e in vigore dal 18 marzo, consente di circolare a soggetti diversi dall’intestatario del veicolo, richiedendo che a bordo ci sia un documento, sottoscritto con data certa dall’intestatario, dal quale risulti chiaramente il titolo e la durata della disponibilità del mezzo. Se questo utilizzo del veicolo supera i 30 giorni nell’anno solare, anche non continuativi, titolo e durata della disponibilità vanno registrati al Reve (il nuovo Registro dei veicoli esteri, tenuto dal Pra); a quel punto, non occorre più il documento a bordo e può guidare anche una persona diversa da quella registrata al Reve.
Sotto il profilo civilistico e fiscale, parrebbero coinvolti tutti quei contratti di leasing, noleggio e simili (compreso il comodato) conclusi con stranieri, operatori o privati che siano. Quanto all’acquisto, si veda l’articolo sulla destra.
Per esemplificare, consideriamo una società di leasing tedesca (intestataria del veicolo) che stipula un contratto di locazione finanziaria di un’autovettura (immatricolata in Germania) con un soggetto italiano (utilizzatore).
Sotto il profilo Iva, occorre distinguere, innanzitutto, se si tratta di una locazione a breve termine (non superiore a 30 giorni) o a lungo termine (superiore a 30 giorni).
Nel breve termine, vigono le stesse regole sia nei rapporti B2B sia nei rapporti B2C; per cui, l’operazione si considera effettuata in Italia, ed ivi assoggettata ad Iva, se la messa a disposizione dell’auto avviene in Italia (stipulando il contratto con un operatore estero, che però consegna il mezzo in Italia) e l’utilizzo è in ambito comunitario (o se la messa a disposizione avviene fuori Ue, ma l’utilizzo è in Italia). Ma sono fattispecie molto rare nella pratica.
Nel caso di locazione a lungo termine, invece, la disciplina cambia a seconda che i rapporti siano B2B o B2C. Nel primo caso, applicandosi la regola generale di territorialità dell’Iva (articolo 7-ter del Dpr 633/1972), l’imposta sarà rilevante in Italia, Paese del committente; nel secondo caso, indipendentemente dalla residenza del prestatore, la prestazione resa al privato si considera eseguita in Italia se il committente risiede in Italia e le prestazioni sono utilizzate nel territorio Ue.
Per entrambe le tipologie di locazione, quando l’Iva rileva in Italia e il locatario è un privato, il prestatore estero dovrebbe munirsi di un identificativo Iva nazionale per assolvere l’imposta o, dal 1° luglio 2021, ricorrere al regime Oss.
Da tale ricostruzione emerge come in realtà, diversamente dal passato, né gli operatori economici né i soggetti privati possano sfuggire alle regole sulla territorialità dell’Iva e trarre un qualche beneficio “acquistando” in leasing un’autovettura in altro Paese Ue con aliquote Iva ridotte piuttosto che in Italia. Il fatto che sia permessa la circolazione in Italia di autoveicoli con targa estera (con le limitazioni anzidette) non ha delle ripercussioni a riguardo. L’imposta sarà comunque dovuta nel nostro Paese, se ne sussistono le condizioni previste dal Decreto Iva. E non ci sono agevolazioni neppure negli adempimenti. Dopo 30 giorni dall’utilizzo del mezzo intestato al soggetto non residente, secondo la nuova normativa, occorre comunque provvedere alla sua iscrizione al Reve e la registrazione è a carico di chi utilizza il mezzo.