Superbonus, cessione impossibile per le spese 2020 inferiori al 30%
Chi ha pagato oneri professionali o mini-acconti non raggiunge il Sal minimo: la soluzione va copiata dal bonus del 50%
Cessione impossibile: alcune spese agevolate dal superbonus rischiano di finire in un buco nero. Il problema si pone per le spese pagate nel 2020 e ammesse al 110%, per le quali non è ancora stato raggiunto lo stato avanzamento lavori (Sal) del 30 per cento. È una situazione frequente per chi ha iniziato i lavori molto tardi nel corso del 2020 o ha sostenuto solo spese “iniziali”, come ad esempio quelle per la diagnosi energetica, la progettazione, i primi acconti e così via.
Vediamo da dove nasce il problema.
Da un lato, il decreto Rilancio ammette l’opzione per la cessione del credito d’imposta anche in occasione di un Sal – e non per forza alla fine dei lavori – ma per gli interventi agevolati dal superbonus impone che i Sal siano al massimo due e che ciascuno di essi si riferisca almeno al 30% dell’intervento (articolo 121, comma 1-bis, del Dl 34/2020).
Dall’altro lato, il provvedimento del direttore delle Entrate dell’8 agosto 2020 (283847/2020) afferma – al paragrafo 4.1. – che la comunicazione di opzione deve essere inviata in via telematica alle Entrate «entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state sostenute le spese che danno diritto alla detrazione». Perciò, se le spese sostenute nel 2020 non hanno ancora raggiunto un Sal del 30%, la cessione non può essere comunicata.
Utilizzo diretto obbligato
Con le regole attuali, i committenti che non avranno raggiunto il 30% saranno condannati a utilizzare direttamente sotto forma di detrazione la prima rata del 110%, cioè quella da spendere nella dichiarazione dei redditi 2021. Dopodiché, potranno poi comunicare la cessione delle rate residue (dalla seconda alla quinta) entro il 16 marzo 2022. Ma è una soluzione tutt’altro che entusiasmante, perché potrebbe far perdere la prima rata di detrazione a diversi contribuenti: pensiamo solo agli incapienti e a coloro che applicano il regime forfettario.
L’impossibilità di cedere il superbonus, inoltre, potrebbe creare qualche difficoltà nel rapporto con le banche, che probabilmente si saranno impegnate per contratto ad acquistare “tutto” il superbonus, compreso quello maturato sulle spese 2020: il contratto andrebbe rivisto e, se il committente si è fatto finanziarie dalla banca, una parte del prestito non sarebbe più coperta dal corrispettivo per la cessione del credito d’imposta.
I possibili rimedi
Con una lettura elastica, già oggi si potrebbe sostenere che la cessione sia fattibile in tutti i casi in cui si arrivi comunque al Sal del 30% entro il 16 marzo 2021. Dopotutto, non pare espressamente richiesto che l’avanzamento lavori del 30% sia raggiunto nel 2020. Ma sarebbe un rimedio a dir poco parziale, perché saranno pochi i committenti che centreranno questo obiettivo, data la stagione invernale sfavorevole ai lavori.
Inoltre, bisognerebbe capire come gestire l’invio della comunicazione alle Entrate: trattare anche le spese 2020 come se fossero pagate nel 2021 così da fare un unico invio? In alternativa, si potrebbero fare due invii separati, uno per le spese 2020 e uno per quelle 2021? In questa seconda ipotesi, nessuno dei due invii, singolarmente, arriverebbe alla fatidica soglia del 30%; inoltre, ci sarebbero due comunicazioni con gli stessi codici di asseverazione e visto di conformità.
Insomma, senza un chiarimento ufficiale, è difficile arrivare a una soluzione.
Le correzioni ufficiali
A livello amministrativo, si potrebbe consentire di comunicare oltre il 16 marzo 2021 – e fino al 16 marzo 2022 – il primo Sal per il quale la soglia del 30% viene raggiunta nel corso del 2021, anche se questo dovesse includere spese pagate nel 2020. Chiaramente il contribuente non dovrebbe utilizzare nel modello dichiarativo 2021 la prima rata delle spese 2020 e il Fisco dovrebbe chiarire come gestire il modello di comunicazione (basterebbero istruzioni specifiche, senza dover rifare il modello). Chi acquista il credito, a quel punto, potrebbe iniziare a utilizzare l’intero importo dal 2022, poiché ceduto nel 2021, anche se una parte delle spese è stata effettivamente pagata nel 2020.
Dopotutto, non è una soluzione molto diversa da quella già ammessa dalle Entrate per gli acconti in relazione agli acquisti di immobili ristrutturati (16-bis comma 3). Ricordiamo: «Se gli acconti sono pagati in un anno diverso da quello in cui è stipulato il rogito, il contribuente ha la possibilità di far valere la detrazione degli importi versati in acconto o nel periodo di imposta in cui questi sono stati pagati o nel periodo di imposta in cui ha stipulato il rogito» (circolare 24/E/2004, risposta 1.7).
A livello legislativo, invece, si potrebbe rimuovere – almeno per le spese a cavallo su più anni d’imposta – il limite minimo del 30% di Sal, in considerazione dell’avvio al ralenty di tutta l’operazione superbonus. Pur mantenendo le garanzie di legge (attestazioni e visto di conformità), senza le quali difficilmente si troverebbe un acquirente della super detrazione a prezzi interessanti.