Taglio Irpef, favoriti i redditi tra 40mila e 50mila euro
Risparmio con punte massime di 945 euro per i dipendenti, 810 per gli autonomi e 758 per i pensionati
Gli interventi sull’Irpef contenuti nella legge di Bilancio 2022 dovrebbero costituire – il condizionale è d’obbligo considerata l’incertezza che avvolge ogni tentativo di innovazione del sistema tributario italiano – la prima tappa della più articolata revisione del trattamento tributario dei redditi prodotti dalle persone fisiche delineata dal disegno di legge delega sulla riforma fiscale.
I 7 miliardi stanziati con la manovra sono stati impegnati sulla revisione di scaglioni, aliquote e detrazioni Irpef, generando una moderata riduzione delle imposte per una amplissima platea di contribuenti, riduzione che spiega i suoi effetti più significativi sulla cosiddetta classe media. In termini assoluti, infatti, i contribuenti che traggono i maggiori vantaggi sono i lavoratori dipendenti con redditi di 40mila euro, che beneficiano di un risparmio massimo di 945 euro, e i lavoratori autonomi e i pensionati con redditi di 50mila euro, che godono di un taglio dell’imposta rispettivamente di 810 e 758 euro annui.
La nuova struttura della curva di progressività dell’Irpef viene definita con una pluralità di microinterventi:
1. la diminuzione del numero (da 5 a 4) e la ridefinizione degli scaglioni, generate dalla soppressione dell’attuale quarto scaglione e dal restringimento dell’ampiezza di quello precedente, il cui margine superiore viene ridotto da 55mila a 50mila euro;
2. il taglio dei valori delle aliquote del secondo e del terzo scaglione, che passano rispettivamente dal 27% al 25% e dal 38% al 35 per cento;
3. l’aumento delle detrazioni sui redditi di pensione e di lavoro autonomo;
4. il robusto incremento della detrazione spettante ai percettori di redditi di lavoro dipendente, anche attraverso l’assorbimento del relativo “bonus”, che essenzialmente rimane solo per i redditi fino a 15mila euro;
5. l’introduzione di micro detrazioni aggiuntive (65 euro per i dipendenti con redditi tra 25.001 e 35mila euro; 50 euro per i pensionati con redditi tra 25.001 e 29mila euro e per gli autonomi con redditi tra 11.001 e 17mila euro) al fine di non penalizzare eccessivamente i contribuenti delle classi di reddito meno avvantaggiate dalle misure introdotte.
Il campo di operatività delle detrazioni, per effetto della revisione degli scaglioni, si restringe: se nell’attuale regime Irpef le detrazioni dispiegano i propri effetti fino a 55mila euro di reddito, nel nuovo modello saranno attive fino a redditi di 50 mila euro.
Il complesso degli interventi determina risparmi d’imposta per la quasi totalità della platea dei contribuenti Irpef, rimanendo esclusi soltanto i cosiddetti “incapienti”, ovvero i soggetti che godono di detrazioni più alte dell’imposta lorda. Si tratta di una classe composta prevalentemente da lavoratori dipendenti con redditi molto bassi (inferiori a 12.500 euro), i quali, peraltro, avevano già beneficiato degli specifici “bonus” varati nel 2014 e nel 2019. Tuttavia, per esprimere una valutazione compiuta sulle misure del Governo occorre considerare anche gli effetti della decontribuzione per il 2022 (a favore dei lavoratori dipendenti), della soppressione dell’Irap per le persone fisiche (a favore di imprenditori e professionisti) e dell’introduzione dell’assegno unico.
Circoscrivendo l’analisi all’Irpef, si osserva come l’assorbimento del bonus centri l’obiettivo di ridurre significativamente il salto delle aliquote marginali sui redditi di lavoro dipendente; mentre il nuovo assetto di scaglioni, aliquote e detrazioni renda moderatamente più armonica la crescita della curva di progressività, migliorando l’equità verticale del modello.
Resta ancora aperto il problema dell’equità orizzontale: a parità di imponibile, infatti, il carico impositivo varia, anche significativamente, a seconda della tipologia di reddito prodotto. Una criticità allo stesso tempo endogena ed esogena: se, infatti, all’interno del modello Irpef la forbice tra dipendenti e autonomi rimane significativa, soprattutto sui redditi bassi e medio bassi, chi può optare per il regime sostitutivo forfettario beneficia di indubbi vantaggi, soprattutto sui redditi medio alti. Una doppia contraddizione in un sistema che, secondo la delega fiscale, dovrebbe evolvere verso il modello duale, tenendo dentro l’Irpef i soli redditi di lavoro.