Imposte

Telefisco 2025, le risposte delle Entrate sul concordato preventivo

Pubblichiamo qui di seguito le risposte in tema di concordato preventivo e ravvedimento speciale rese dalle Entrate in occasione di Telefisco 2025, lo scorso 5 febbraio.

Concordato, successione e donazione

 In caso di successione o donazione d’azienda per un’impresa individuale aderente al concordato cosa accade alla proposta? Come si gestisce il doppio periodo d’imposta che si viene a creare?

Benché in linea di principio la successione ereditaria non impedisca la continuità dell’attività (gli eredi, infatti, possono decidere di proseguire l’attività, subentrando nella titolarità dell’impresa), tale continuità è posta in capo di soggetti diversi dall’originario contribuente che ha aderito al concordato. Pertanto, si può ritenere che la morte dell’imprenditore individuale possa esser ricondotta all’ipotesi di cessazione dell’attività e pertanto causa di cessazione dal concordato, così come previsto dall’art. 21, comma 1, lett. b) ovvero dall’art. 32, comma 1, lett. b) del decreto-legislativo n. 13 del 2024. Le medesime considerazioni si ritengono valide anche nell’ipotesi di donazione d’azienda. Attesi i molteplici punti in comune tra le fattispecie richiamate ed il conferimento, vale la pena osservare che già nella risposta alla Faq n. 5 del 17 ottobre 2024, il conferimento dell’unica azienda da parte dell’imprenditore individuale configura una causa di cessazione dal Concordato.

Concordato e conferimento di partecipazioni

Un conferimento di partecipazioni e/o di crediti effettuato tra due Srl entrambe aderenti al concordato biennale comporta per entrambe le società la cessazione del concordato ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b-ter), del decreto legislativo n. 13/2024? E un aumento di capitale tramite conferimento in denaro?

L’art. 21, comma 1, lett. b- ter) del Dlgs 12 febbraio 2024, n. 13, prevede tra le cause di cessazione dal concordato le ipotesi per cui “la societa’ o l’ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento”. La norma non distingue tra impresa conferente o conferitaria, pertanto, l’operazione di conferimento di partecipazioni e/o di crediti tra società aderenti al CPB deve ritenersi causa di cessazione per entrambe le parti coinvolte. Alla stessa conclusione, si può pervenire nel caso dell’aumento di capitale tramite conferimento in denaro.

Concordato e cessione di un ramo d’azienda

La cessione di un ramo di azienda del tutto secondario quanto a ricavi prodotti determina comunque la cessazione degli effetti del concordato a decorrere da tale periodo d’imposta?

L’art. 21, comma 1, lettera b- ter) del Dlgs 12 febbraio 2024, n. 13, prevede tra le cause di cessazione dal concordato le ipotesi per cui “la societa’ o l’ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento”. Con Circolare n. 18/E del 2024 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che “anche nel caso in cui sia effettuata una cessione di ramo d’azienda ricorra una causa di esclusione dal CPB, attesi i molteplici punti in comune tra la cessione di ramo d’azienda e il conferimento”. La stessa Circolare, nel ricordare la ratio delle cause di cessazione previste dal citato articolo, afferma che “con particolare riferimento alla situazione in cui la società o ente sia stato interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, il legislatore ha ritenuto che sia venuto meno il diretto collegamento tra la proposta di concordato predisposta nei confronti della società avente determinate caratteristiche e la diversa capacità reddituale conseguente al nuovo assetto economico che contraddistingue la società che ha partecipato all’operazione straordinaria.” La cessione del ramo d’azienda, anche se astrattamente ritenuto del tutto secondario, modifica la capacità reddituale del contribuente configurando, per tale motivo, una causa di cessazione dalla proposta concordataria.

Verifica e infedele dichiarazione

 Se, in caso di verifica nei confronti di un soggetto aderente al concordato, emerge una infedele dichiarazione nel periodo 2023 per effetto di ricavi non dichiarati per un importo inferiore al 30% degli stessi, i quali, tuttavia, ove inseriti nel modello Isa del medesimo periodo d’imposta, avrebbero determinato una proposta di concordato superiore al 30% rispetto al reddito concordato, la proposta decade? Le rettifiche dei dati Isa in sede di verifica che possono comportare la decadenza ai sensi dell’articolo 22, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 13/2024 riguardano solo dati diversi da quelli contabili, già considerati ai fini dell’infedele dichiarazione?

L’art. 22, comma 2, lettera b) del d. lgs n. 13 del 2024 prevede che il concordato cessi di produrre effetto per entrambi i suoi periodi di imposta nell’ipotesi in cui “la comunicazione inesatta o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici di cui all’ articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96” sia tale “da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30 per cento”. Ciò posto, nella fattispecie prospettata nel quesito si ritiene, realizzata l’ipotesi di decadenza dal concordato prevista dalla citata disposizione. In merito alle rettifiche dei dati Isa, risultanti all’esito di una verifica fiscale, che possono comportare la decadenza ai sensi dell’art. 22 comma 2, lettera b) del D.lgs. n. 13/2024, secondo una lettura sistematica della norma il riferimento è “la comunicazione inesatta o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici di cui all’articolo 9-bis”. Pertanto, si ritiene che il riferimento sia a tutti i dati rilevanti ai fini Isa (contabili e strutturali).

Integrazione volontaria e decadenza

 Il combinato disposto dell’articolo 22, comma 1, lettera a) e comma 2, lettera b), del decreto sul concordato determina la decadenza dal concordato in caso di errate comunicazioni di dati Isa che emergano in sede di accertamento. Diversamente, l’articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto si occupa delle integrazioni del contribuente che hanno effetto sul reddito o sul valore della produzione netta che hanno determinato la proposta di concordato, con possibilità di ravvedimento operoso (comma 3). Ciò significa che un’integrazione volontaria dei dati Isa dichiarati dal contribuente nel 2023 non comporta decadenza dal concordato a prescindere dall’effetto in termini percentuali sul reddito, se il contribuente procede a regolarizzare il differenziale con il ravvedimento operoso sull’anno 2023?

Al riguardo, occorre precisare che, sulla base di quanto disposto dall’art. 22, comma 3, del decreto legislativo n. 13 del 2024, la regolarizzazione della posizione mediante ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 determina l’irrilevanza ai fini della decadenza dal concordato, delle sole fattispecie richiamate dall’articolo 22, comma 1, lettera e), e comma 2, lettere a) e b), del Dlgs 13/2024, ossia:

- l’omesso versamento delle somme dovute a seguito delle attività di cui all’articolo 12, comma 2 del medesimo Dlgs 13/2024;

- le violazioni constatate che integrano le fattispecie di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, relativamente ai periodi di imposta oggetto del concordato;

- la comunicazione inesatta o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici di cui all’ articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, in misura tale da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30 per cento.

Se ne deduce che la causa di decadenza prevista dall’articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto che si verifica a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, non può venire meno per effetto della previsione di cui al comma 3.

Al riguardo, appare opportuno ricordare che nella Circolare n.18/E del 17/09/2024 è stato chiarito che, al fine di evitare possibili distorsioni nell’applicazione dell’istituto, è necessaria una lettura sistematica del testo normativo e delle fattispecie disciplinate, pertanto “si può ritenere che, in generale, affinché le integrazioni o le modifiche delle dichiarazioni dei redditi, ovvero l’indicazione di dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di CPB, siano rilevanti per determinare la decadenza dallo stesso CPB, è necessario che gli stessi determinino un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30 per cento”.

Tracciabilità e accertamenti

Per un contribuente, soggetto Isa, che ha garantito la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati relativi a operazioni di ammontare superiore a euro 500, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 127/2015 e del DM 4 agosto 2016, la proroga dei termini di accertamento prevista dal comma 14 dell’art. 2-quater del D.L. n. 113/2024 per i soggetti che hanno aderito al concordato riguarda solo l’anno 2020? E se il contribuente ha anche aderito al ravvedimento sugli anni passati, quali termini sono prorogati al 31 dicembre 2027?

L’art. 3 del D.Lgs. n. 127/2015 prevede la riduzione di due anni dei termini di decadenza per l’accertamento, di cui all’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972 e all’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, per i soggetti passivi IVA che garantiscono, nei modi stabiliti con il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 4 agosto 2016, la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati relativi ad operazioni di ammontare superiore a euro 500. L’art. 2-quater, comma 14, secondo periodo, del decreto-legge n. 113/2024 prevede la proroga al 31 dicembre 2025 dei termini di decadenza “in scadenza al 31 dicembre 2024” per i soggetti che applicano gli ISA e che aderiscono al CPB. Relativamente all’annualità di imposta 2020, i termini di decadenza per l’accertamento scadono ordinariamente il 31 dicembre 2026. Tuttavia, per i soggetti che, per il periodo di imposta 2020, si sono avvalsi della disposizione di cui al citato art. 3 del D.Lgs. n. 127/2015 (“incentivi per la tracciabilità dei pagamenti”), i termini di decadenza in parola sono anticipati di due anni (al 31 dicembre 2024). Pertanto, nei riguardi dei soggetti che applicano gli ISA, che fruiscono della riduzione dei termini di decadenza di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 127 del 2015 e che hanno accettato la proposta concordataria si applica la proroga di cui al citato art. 2-quater, comma 14, secondo periodo, tenuto conto che per tali soggetti i termini di decadenza sono “in scadenza al 31 dicembre 2024”. Tale proroga si applica indipendentemente dalla circostanza che tali soggetti si siano avvalsi, per l’annualità di imposta 2020, del ravvedimento speciale. Nell’ipotesi in cui invece il contribuente abbia applicato gli ISA, aderito al CPB e adottato il regime di ravvedimento previsto dall’art. 2-quater del D.L. n. 113/2024, per una o più annualità tra i periodi di imposta 2018, 2019, 2020 e 2021, i termini di decadenza per l’accertamento relativi alle annualità oggetto di ravvedimento sono prorogati al 31 dicembre 2027, come disposto dal comma 14, primo periodo, del citato art. 2-quater del D.L. n. 113/2024.

Al riguardo, si fa presente che la Cassazione, con la recente ordinanza n. 28457 del 5 novembre 2024, ha chiarito che «In tema di accertamento a mezzo studi di settore, la riduzione di un anno dei termini di decadenza di cui all’art. 43, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973, prevista dall’art. 10, comma 9, del D.L. n. 201/2011, presuppone la fedele esposizione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, sicché detta riduzione non e` applicabile nel caso in cui, anche successivamente allo spirare del termine ridotto, si accerti la non veridicita` dei dati forniti dal contribuente». Applicando tale principio anche al caso di specie, si ritiene che la riduzione dei termini di decadenza prevista dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 127 del 2015 presuppone il rispetto dei requisiti e degli adempimenti previsti da tale disposizione e dal DM 4 agosto 2016, sicché la riduzione in parola non è applicabile nel caso in cui, anche successivamente allo spirare del termine ridotto, si accerti la l’assenza dei requisiti o la violazione degli adempimenti richiesti dalle richiamate disposizioni, con conseguente applicazione dei termini ordinari di decadenza.

Autonomi, concordato e clienti

Un lavoratore autonomo ha optato per il CPB. Il decesso del principale cliente nel dicembre 2024 dovrebbe comportare nel 2025 una contrazione del reddito effettivo superiore al 30% rispetto a quello oggetto di concordato. Si chiede se ciò costituisca una “circostanza eccezionale” per cessare gli effetti del CPB.

Il decreto ministeriale 14 giugno 2024 individua, all’art. 4, le fattispecie che costituiscono “circostanze eccezionali” ai fini della cessazione degli effetti del CPB a partire dal periodo di imposta in cui si realizzano minori redditi effettivi o minori valori della produzione netta effettivi, eccedenti la misura del 30%, prevista dagli articoli 19, comma 2 e 30, comma 2, del decreto CPB, rispetto a quelli oggetto del concordato stesso. Si tratta delle seguenti fattispecie:

a) eventi calamitosi per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi degli articoli 7, comma 1, lettera c), e 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1;

b) altri eventi di natura straordinaria che hanno comportato:

1. danni ai locali destinati all’attività d’impresa o di lavoro autonomo, tali da renderli totalmente o parzialmente inagibili e non più idonei all’uso;

2. danni rilevanti alle scorte di magazzino tali da causare la sospensione del ciclo produttivo;

3. l’impossibilità’ di accedere ai locali di esercizio dell’attività’;

4. la sospensione dell’attività’, laddove l’unico o principale cliente sia un soggetto il quale, a sua volta, a causa di detti eventi, abbia interrotto l’attività

c) liquidazione ordinaria, liquidazione coatta amministrativa o giudiziale;

d) cessione in affitto dell’unica azienda;

e) sospensione dell’attività ai fini amministrativi dandone comunicazione alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

f) sospensione dell’esercizio della professione dandone comunicazione all’ordine professionale di appartenenza o agli enti previdenziali e assistenziali o alle casse di competenza.

Le fattispecie elencate al richiamato articolo 4 del DM non contemplano anche quella rappresentata. Ne consegue che essa non costituisce “circostanza eccezionale” ai fini della cessazione degli effetti del CPB in base alle disposizioni di cui all’articolo 19, comma 2 e 30, comma 2, del decreto CPB.

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