Transazione fiscale, la relazione del professionista monitora gli apporti patrimoniali
Vanno registrati i flussi o gli investimenti dell’impresa in caso di continuità aziendale ma anche gli esiti della liquidazione in sede concordataria
La circolare 34/E/2020 fornisce indicazioni in merito alla valutazione da parte degli Uffici delle proposte di transazione fiscale anche alla luce delle modifiche della legge fallimentare che hanno comportato l’anticipata entrata in vigore di talune disposizioni del codice della crisi di impresa con particolare riferimento al «cram down».
La circolare evidenzia implicitamente come non sia più giustificabile ogni resistenza ad approvare proposte ritenute non soddisfacenti in termini monetari, benché più convenienti per l’Erario rispetto alla liquidazione dell’impresa proponente. È infatti ora pacificamente possibile l’omologazione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti anche in mancanza del consenso (decisivo) del Fisco.
L’assenza di una percentuale
L’Agenzia sottolinea chiaramente che non esiste una percentuale “assoluta” sopra o sotto la quale la proposta deve ritenersi meritevole o immeritevole di accoglimento, posto che, in ossequio al chiaro dettato normativo, la valutazione dell’ufficio deve essere sempre incentrata sulla maggiore o minore convenienza economica rispetto all’alternativa liquidatoria avendo, attenzione alle caratteristiche specifiche della singola fattispecie.
La relazione del professionista
Rilevanza ancor più decisiva, pertanto, viene ad assumere la relazione del professionista indipendente che, tra l’altro, deve tenere conto del maggiore apporto patrimoniale dato dai flussi o dagli investimenti dell’impresa in caso di continuità aziendale oppure dall’esito della liquidazione in sede concordataria.
I tempi di rateizzazione del debito
Allo stesso modo, in merito ai tempi della rateizzazione del debito viene chiarito che non è possibile affidarsi a schemi generalizzati, dovendo invece avere riguardo alle specificità del caso concreto e senza imporre modalità eccessivamente onerose che potrebbero pregiudicare la riuscita del piano. La dilazione quindi può avere una durata superiore all’orizzonte temporale di cinque anni normalmente ritenuto affidabile, potendo arrivare anche a dieci anni. In tal caso, la valutazione deve tenere conto le peculiarità del caso concreto come l’entità del debito, l’economicità dell’offerta, l’expertise e il know how dell’impresa nel settore di appartenenza, le aspettative di sviluppo del mercato oppure la presenza di contratti di lunga durata o la titolarità di licenze o concessioni la cui utilità è destinata a durare nel tempo.
L’ingresso di nuovi capitali
Viene anche precisato come debba essere valutata positivamente dagli Uffici la previsione di un intervento di finanza esterna ai fini della buona riuscita del piano, chiarendo anche che non possono considerarsi tali i flussi di cassa generati dalla continuità aziendale.
La fedeltà fiscale pregressa
Infine, merita di essere sottolineato il fatto che la circolare individua quale elemento che può influenzare la valutazione della proposta la condotta tenuta dall’impresa proponente, sia nell’ambito dell’attività che precede la proposta transattiva, come comportamenti distrattivi o decettivi che possono causare una sottrazione fraudolenta o una sovrastima delle passività, sia negli anni precedenti con particolare riferimento ad eventuali partecipazioni a casi di frodi ovvero ad una condotta tesa ad una «sistematica e deliberata» violazione degli obblighi tributari. In linea di principio tale impostazione può ritenersi condivisibile.
Tuttavia, questa non dovrebbe essere applicata in modo eccessivamente rigido, come del resto pare indicare la stessa circolare, per evitare che possibili “infedeltà” pregresse di qualsiasi genere ed entità possano impedire l’approvazione di proposte adeguatamente supportate sotto il profilo economico.