Imposte

Trust, regole fiscali ancora da coordinare con la disciplina Cfc

La circolare 34/2022 dell’agenzia delle Entrate non ha sciolto tutti i dubbi in merito alle Controlled foreign companies

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di Alessandro Saini

La circolare 34/E del 2022 sui trust lascia aperti alcuni dubbi sul coordinamento della disciplina fiscale dei trust con quella delle Cfc. Procediamo con ordine.

In merito alla disciplina Cfc prevista dall’articolo 167 del Dpr 917/1986, nella circolare n. 18/E del 2021, l’Agenzia ha confermato che l’ambito soggettivo della disciplina è da individuare in senso ampio, ricomprendendo anche le forme giuridiche estere che non possono essere qualificate come società o imprese, vale a dire gli enti di ogni tipo, tra i quali gli Oicr, le fondazioni e i trust (si veda anche la circolare n. 35/E del 2016).

In merito ai trust esteri (salvo non si tratti di trust interposti e, in quanto tali, da considerare come non esistenti, con l’automatica attribuzione al disponente dei redditi da essi prodotti), l’Agenzia evidenzia, tuttavia, che poiché il requisito del controllo ex articolo 2359 del Codice civile previsto dall’articolo 167, comma 2, lettera a) del Dpr 917/1986 non è applicabile, occorre fare riferimento al requisito della partecipazione agli utili previsto dall’articolo 167, comma 2, lettera b) del Dpr 917/1986.

Secondo l’Agenzia, la disciplina Cfc può pertanto trovare applicazione unicamente nel caso di beneficiario non residente al quale è riconosciuto il diritto di percezione degli utili del trust in misura superiore al 50 per cento, qualora il beneficiario non residente sia a sua volta controllato da un soggetto residente o localizzato in Italia.

L’Agenzia evidenzia che la disciplina Cfc è invece da escludere per i trust trasparenti con beneficiario individuato residente in quanto quest’ultimo è già tenuto a tassare per trasparenza il reddito imputatogli dal trust, ai sensi dell’articolo 73, comma 2 del Tuir, da considerare reddito di capitale, ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies) del Tuir. In assenza di un controllo o di una predefinita partecipazione agli utili, dovrebbero essere pertanto esclusi dalla disciplina Cfc i trust opachi per i quali, ove stabiliti in Stati e territori a fiscalità privilegiata, ai sensi dell’articolo 47-bis, è invece applicabile l’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies) del Tuir che prevede il concorso al reddito - in qualità di redditi di capitale - dei redditi corrisposti (principio di cassa) a residenti italiani, «anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati».

L’articolo 47-bis esclude tuttavia dagli Stati e territori a fiscalità privilegiata quelli appartenenti all’Unione europea ovvero aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia ha stipulato un accordo per un effettivo scambio di informazioni, con una decisa limitazione dell’ambito applicativo rispetto al regime Cfc previsto all’articolo 167 del Tuir.

Un trust opaco a regime fiscale di vantaggio stabilito in uno Stato europeo sembrerebbe quindi da escludere sia dalla disciplina Cfc che dall’ambito applicativo dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies) del Tuir. Relativamente ai trust trasparenti con beneficiario non residente, a sua volta controllato da un soggetto residente – che, secondo la circolare 18/E del 2021, potrebbero rientrare nella disciplina Cfc – l’Agenzia ha poi chiarito che nonostante tutti i redditi conseguiti dal soggetto estero siano considerati, ai fini dell’imputazione a tassazione in Italia, redditi d’impresa, l’esercizio di un’attività d’impresa non è un prerequisito oggettivo necessario per assoggettare la struttura estera alla disciplina Cfc, la quale potrebbe pertanto interessare sia un trust commerciale che un trust non commerciale.

Per un trust non commerciale trasparente, il regime Cfc potrebbe risultare di vantaggio. Si pensi al caso dei dividendi distribuiti da una controllata residente in un Paese a fiscalità ordinaria. In caso di detenzione della partecipazione nel Paese a fiscalità ordinaria da parte di un trust trasparente estero, i dividendi sarebbero assoggettati ad imposizione “per trasparenza” in capo al beneficiario individuato residente secondo le aliquote progressive Irpef, in quanto redditi di capitale, ex art. 44, comma 1, lettera g-sexies) (circolare 34/E del 2022, par. 3).

Qualora invece fosse applicabile la disciplina Cfc (beneficiario individuato estero controllato da persona fisica residente), i dividendi concorrerebbero al reddito di impresa della persona fisica residente nella misura del 5 per cento (circolare 18/E del 2021, par. 7.1), generando così una situazione favorevole. Il regime Cfc potrebbe tuttavia risultare di favore anche in caso di un trust commerciale trasparente.

Nella circolare 34/E del 2022, l’Agenzia ha infatti chiarito che ai fini della determinazione del reddito del trust trasparente non residente da imputare al beneficiario occorre tener conto delle regole previste dalla legislazione fiscale dello Stato in cui il trust è residente o stabilito e tali regole potrebbero risultare peggiorative rispetto a quelle domestiche previste per la determinazione del reddito di impresa nell’ambito della disciplina Cfc.

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