Imposte

Via la discriminazione per le coppie sposate e le unioni civili

Cancellato il paradosso che penalizza matrimoni e unioni civili rispetto alle coppie di fatto

di Angelo Busani

Contrasta con la Costituzione tutta la normativa in materia di Imu secondo la quale, attualmente o in passato, è stata impedita o è impedita l’esenzione Imu ai coniugi (o alle persone partecipi di una unione civile) non aventi la stessa residenza (nello stesso Comune o in Comuni diversi), per la principale ragione che ne risultano discriminate le persone coniugate o civilmente unite rispetto alle persone meramente conviventi.

In altre parole, in base alla normativa ora colpita da incostituzionalità, se due conviventi hanno la residenza in due case diverse, per entrambe le situazioni si può approfittare dell’esenzione dall’Imu; mentre, se si tratta di due coniugi, la legge attuale (articolo 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, legge 160/2019), costringeva a rinunciare all’agevolazione per una delle due residenze. Anteriormente, l’esenzione era addirittura impedita se il «nucleo familiare» non fosse stato compatto in un’unica residenza.

La sentenza 209/2022 della Corte costituzionale (si veda anche l’articolo «Consulta: Imu, esente anche la casa dove il coniuge dimora abitualmente») condanna la normativa Imu in quanto non ossequiosa di ben tre principi costituzionali: il principio di eguaglianza di cui all’articolo 3, per la predetta penalizzazione dei soggetti coniugati o partecipi di una unione civile; il principio di favore per la famiglia di cui all’articolo 31, contro il quale la normativa Imu cozza per la penalizzazione della famiglia che essa provoca; il principio di capacità contributiva di cui all’articolo 53, in quanto l’Imu, come imposta reale, deve essere normata con riguardo alla situazione oggettiva della sua fattispecie (e cioè con riguardo allo stato, alla natura e alla destinazione dell’immobile) senza che possa aver rilievo la situazione soggettiva del contribuente.

Sotto la scure della Corte cadono dunque una serie di norme, che la Consulta riscrive, espungendo la parte affetta da illegittimità:

- il comma 741, nella attuale versione e in quella precedente alle modifiche del Dl 146/2021;

- l’articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011, come modificato dalla legge 147/2013, ove era stato introdotto il principio in base al quale il proprietario dell’immobile trovava impedimento all’avvalimento dell’esenzione dal fatto che i componenti del suo «nucleo familiare» (concetto mai chiarito) avessero residenza e dimora coincidenti con quelle del contribuente.

Nell’interpretare queste norme, la Cassazione era stata spietata: non solo aveva disatteso la circolare 3/DF del 2012 ove l’Amministrazione, nel silenzio che allora caratterizzava la normativa in esame, aveva riconosciuto il beneficio per ciascuno degli immobili, ubicati in Comuni diversi (decisioni 15439/2019 e 17408/2021), ammettendo l’agevolazione solo se fosse stata provata una intervenuta «disgregazione del nucleo familiare»; ma anche giungendo a negare ogni agevolazione ai coniugi che risiedessero in Comuni diversi, facendo leva sulla necessità della coabitazione abituale dell’intero nucleo familiare nel luogo di residenza anagrafica della casa coniugale (decisioni 4170 e 4166 del 2020 e 17408/2021).

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