Controlli e liti

Cessione fabbricati da demolire, il Fisco lascia 1.200 contenziosi

Nuove indicazioni dell’agenzia delle Entrate alle Direzioni regionali e provinciali

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di Ivan Cimmarusti

Nella cessione di fabbricati da demolire non può essere calcolata una plusvalenza ai fini Irpef quale area edificabile. L’agenzia delle Entrate, con indicazioni alle Direzioni regionali e provinciali, è pronta a chiedere la dichiarazione di cessazione della materia del contendere per 1.164 contenziosi, di cui 193 nelle Ctp, 453 nelle Ctr e 518 in Corte di Cassazione.

Un colpo di spugna – anche con l’obiettivo di mandare in compensazioni le spese legali – che si fonda su numerose pronunce della Corte di Cassazione, recepite nella circolare n.23/E del 29 luglio scorso. Un documento che per la prima volta prende atto dell’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in tema di imponibilità delle plusvalenze immobiliari, secondo l’articolo 67, comma 1, lettera B) del Tuir.

Stando agli ermellini, infatti, un terreno su cui è presente un fabbricato (anche un rudere) ha già consumato la sua potenzialità edificatoria. Per questo se l’oggetto del trasferimento a titolo oneroso è l’edificio, anche se destinato all’abbattimento, non ci potrà essere una riqualificazione come cessione di area edificabile.

Le nuove indicazioni dell’agenzia delle Entrate vanno a sostituire il precedente principio alla base della risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008, secondo cui le singole vendite immobiliari vanno inquadrate sulla base dell’effettivo oggetto della vendita, potendo essere riqualificate – nel caso di edifici diroccati, per esempio – da cessione di fabbricato a cessione di terreno edificatorio, con l’applicazione di un trattamento fiscale specifico ai fini Irpef. Una posizione poi ribadita anche nella direttiva 23 del 17 settembre 2015, con cui l’Agenzia ha dato istruzioni nella gestione delle controversie sull’impugnazione di avvisi di accertamento per il recupero a tassazione, quale reddito diverso, della plusvalenza incamerata dal venditore.

La Cassazione si è espressa in senso sfavorevole all’Amministrazione già a partire dal febbraio 2014, con una serie di sentenze confermate dalle ultime depositate il 21 febbraio 2019 (n. 5088, 5089 e 5090) con cui ha chiarito che se oggetto del trasferimento è un edificio non ci può essere una riqualificazione come cessione di terreno edificabile, neanche quando lo stabile è destinato alla demolizione alla ricostruzione. In particolare la suprema Corte ha specificato che: «La distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus»; «la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste»; «nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile». Inoltre, tra i principi enunciati, la Cassazione ha detto che «il potere generale dell’Amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa trova un limiti nell’indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove – nell’esercizio di discrezionalità politica che non trascende i limiti costituzionali di cui agli articolo 3 e 53 Costituzione – ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale-temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale».

Le nuovi indicazioni alle Direzioni regionali e provinciali sono di riesaminare i contenziosi e, nel caso in cui non ci siano anche altre questioni, abbandonare quei giudizi in cui la «pretesa erariale» non è più sostenibile sulla base dei principi sanciti dalla Corte di Cassazione e, ora, ripresi anche dalla circola n.23/E del 29 luglio scorso.

Parallelamente, l’Agenzia punta a un risparmio di spesa. Nello specificare che sia necessaria una dichiarata di cessazione della materia del contendere, chiede agli uffici territoriali di acquisire una rinuncia del contribuente alla rifusione delle spese processuali. In alternativa dovrà essere depositata una istanza specifica affinché il giudice decida per la compensazione delle spese legali.

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