Imposte

Il Covid fa emergere l’inadeguatezza dei criteri per le società di comodo

Necessario il totale congelamento del regime, non soltanto per il 2020 ma anche per tutto il 2021

Con l’approssimarsi delle dichiarazioni dei redditi, si cominciano a “toccare con mano” le conseguenze del Covid sul regime delle società non operative e di quelle in perdita sistematica. Sono numerosissimi i casi in cui la contrazione dei ricavi causata dall’epidemia (ad esempio dovuti alla concessione di sconti ai conduttori degli immobili) è tale da non consentire il superamento del test di operatività previosto dall’articolo 30 della legge 724 del 1994.

Ricordiamo che il maxiemendamento al Dl 18/2020 (decreto «cura Italia») conteneva un articolo 71-quater che prevedeva la disapplicazione delle disposizioni in materia di società non operative e in perdita sistematica per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, ma, nel testo convertito in legge, la norma è stata stralciata per mancanza di copertura finanziaria.

A dire il vero, anche trascurando gli effetti dell’emergenza, è da tempo che i coefficienti fissati dalla norma per la determinazione dei ricavi e dei redditi minimi sono divenuti anacronistici: rendimenti del 6% del capitale investito in immobili o del 2% di quello investito in attività finanziarie, nell’attuale momento storico in cui i tassi Irs sull’euro sono positivi solo su scadenze decennali.

L’impianto della norma appare datato e, pur avendo subito interventi miranti ad alleggerirne la portata applicativa, la sua disapplicazione rimane sempre basata sull’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente che deve documentare – anche, ma non obbligatoriamente, attraverso la presentazione di un interpello - le oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi o che hanno comportato la perdita sistematica (art. 30, comma 4-bis e ss. della citata legge 724 del 1994).

Sotto questo aspetto, un utile criteri oggettivo è, inoltre contenuto nella risposta 68 del 2019 che – richiamando al circolare 25/E del 2007, paragrafo 8 - consente, per gli immobili dati in locazione, di prendere come riferimento i risultati disponibili nella banca dati dell’Osservatorio immobiliare italiano dell’agenzia delle Entrate. I canoni risultati dalla banca dati, anche se in modo disomogeneo e probabilmente parziale, recepiscono il calo dei canoni d’affitto dovuti all’emergenza. Ma il calo dei canoni spesso si cumula con situazioni di sfitto, spesso sopravvenute a seguito dello sfratto, in netto aumento, dei conduttori morosi che dovrebbero essere circostanziate caso per caso.

Sono anche previsti casi disapplicazione automatica (provvedimenti 14 febbraio 2008 e 11 giugno 2012), ma non si attagliano all’emergenza Covid a parte quello di cui alla lettera g) del provvedimento del 2012. Questa norma esonera dal regime delle società non operative le «società per le quali gli adempimenti e i versamenti tributari sono stati differiti da disposizioni normative adottate in conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225».

Come è stato osservato (si veda l’articolo di Stefano Vignoli del 18 febbraio e l’articolo di Giorgio Gavelli del 1° marzo), la legge 225 del 1992 è stata abrogata dall’articolo 48 del Dlgs 1 del 2018 ma, la lettera g) del provvedimento dovrebbe continuare a mantenere, nella maggioranza dei casi, la propria operatività nell’attuale congiuntura.

Sul punto sarebbe pare urgente una conferma delle autorità competenti.

Non vi è dubbio, comunque, che sarebbe più agevole, non solo per i contribuenti, ma anche per l’agenzia delle Entrate, che venisse riproposto l’intervento normativo contenuto nel maxiemendamento al Dl 18/2020, mirante al totale congelamento del regime, non soltanto per il 2020, ma anche per tutto il 2021. Inoltre, pur lasciando intatta l’impalcatura del meccanismo del test di «operatività», i benchmark di mercato andrebbero aggiornati, con il supporto della maggiore precisione ed attendibilità dato dal patrimonio informativo che oggi (rispetto al 1994) l’amministrazione finanziaria ha a disposizione.

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