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La compliance necessaria per le rettifiche sul bonus ricerca e sviluppo

In attesa dell’emanazione del decreto attuativo, entro il 1° marzo 2020, le aziende iniziano a valutare pro e contro

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di Emanuele Reich e Franco Vernassa

In attesa dell’emanazione del decreto attuativo, entro il 1° marzo 2020, le aziende iniziano a effettuare le prime valutazioni sui pro e contro dei nuovi crediti d’imposta introdotti dall’articolo 1, commi 198-209, della legge 160/2019, per le attività di ricerca e sviluppo (comma 200), di innovazione tecnologica (comma 201) e per altre attività innovative quali il design e l’ideazione estetica (comma 202). In contemporanea con l’introduzione di tali benefici è stato abrogato, in anticipo di un anno, il “vecchio” credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo, finora previsto dall’articolo 3 del Dl 145/2013.

I punti di forza...
Iniziamo ad evidenziare i punti di forza della modifica normativa, che ha il condivisibile scopo di coinvolgere ed aiutare maggiormente le piccole e medie imprese:
•i nuovi benefici hanno natura volumetrica, ossia non sono più parametrati ad un fattore incrementale rispetto alla media degli analoghi investimenti effettuati in esercizi precedenti. Tale novità, mutuata ad esempio dall’analogo beneficio previsto in Francia, non solo consente all’impresa di conoscere il beneficio spettante fin da subito, ma semplifica certamente i calcoli per il contribuente ed i controlli per l’agenzia delle Entrate;
•l’esplicita inclusione in unico testo di norme precedentemente sparse in più provvedimenti legislativi (ad es., l’inammissibilità delle spese di acquisto di beni immateriali infragruppo);
•particolarmente favorevole per le Pmi, l’abrogazione del limite minimo annuo di spesa di 30mila euro, così come del limite minimo di 2mila euro in precedenza previsto per gli investimenti in beni strumentali di laboratorio;
•l’esplicita codificazione delle spese di innovazione tecnologica, con riferimento puntuale al manuale di Oslo. Su questo punto specifico punto corre l’obbligo di insistere sulla necessità di risolvere la questione per il previgente regime, con riferimento alla risoluzione dell’agenzia delle Entrate 40/2019, sulla quale vi è un’ulteriore richiesta presentata in questi giorni alla Camera;
•il mantenimento della documentazione richiesta e della correlata Relazione tecnica; in tal modo, le imprese possono dare continuità alla documentazione già predisposta per i progetti a cavallo delle due discipline, ed in ogni caso hanno un modello cui riferirsi per i nuovi progetti.

...e quelli di debolezza
Tra gli aspetti negativi, dobbiamo segnalare:
•l’orizzonte temporale limitato ad un anno, che non incentiva la pianificazione pluriennale degli investimenti; sul punto è auspicabile che sia al più presto dato seguito al comma 184 della legge di Bilancio 2020, che consente di prevedere un periodo temporale pluriennale compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica;
•l’abrogazione della possibilità per i committenti esteri di affidare la ricerca e sviluppo a società commissionarie italiane; in difetto di una previsione in tal senso, infatti, viene meno un importante incentivo alla localizzazione in Italia di centri di ricerca da parte dei gruppi multinazionali; inoltre, viene vanificata l’agevolazione delle imprese commissionarie italiane in ordine alle spese da sostenere nel 2020 per i progetti iniziati nel 2018 o nel 2019, con grave vulnus dell’affidamento dei committenti esteri;
•il differimento in tre anni dell’utilizzo del credito d’imposta in compensazione, che riduce la convenienza finanziaria per le imprese;
•la comunicazione da inviare al Mise, precedentemente non prevista, che si auspica non comporti eccessivi oneri per le imprese;
•la mancata regolamentazione di un periodo transitorio tra il vecchio credito ricerca e sviluppo ed i nuovi crediti d’imposta.

Infine, si evidenzia la necessità di qualche modifica interpretativa sulla identificazione delle spese rilevanti, oltre che di un coordinamento normativo su taluni aspetti, che si auspica siano risolti nell’emanando decreto attuativo.

La compliance legislativa
Infine, come evidenziato anche dall’interrogazione a risposta scritta della deputata Chiara Gribaudo n. 4-04686, esiste un problema rilevante relativo agli accertamenti in corso da parte dell’amministrazione finanziaria che sfociano sovente in accertamenti per crediti «inesistenti», pur in presenza di attività di ricerca comunque svolte (e quindi senza alcun intento di frode) ed identificabili solo con competenze tecniche sofisticate, che richiedono necessariamente un approfondito colloquio esistendo diversità di vedute tra gli stessi tecnici.

È auspicabile che sul tema si possa trovare una soluzione legislativa di compliance, con l’obiettivo di limitare i possibili contenziosi fiscali su materie di ostica individuazione tecnica, e di miglior chiarimento del concetto di inesistenza del credito.