Niente Iva sui costi portuali delle merci in sosta «extra»
Gli importi addebitati per i giorni che superano quelli di franchigia carico/scarico sono considerate penali
I costi addebitati nelle spedizioni marittime per le soste prolungate oltre i termini rappresentano delle penalità volte a sanzionare l’inadempimento, e vanno escluse dalla base imponibile Iva ex articolo 15 del Dpr 633/72. Queste le conclusioni della consulenza giuridica n. 956-61/2018, in risposta a un’istanza che chiedeva di conoscere l’inquadramento degli importi riaddebitati dagli spedizionieri ai propri committenti – a fronte degli analoghi addebiti applicati dalle compagnie di navigazione e dai terminal portuali – per l’extra-time (“demurrage”, “port storage” e “detention”) rispetto ai giorni di franchigia concessi per le operazioni di carico/scarico della nave.
Secondo l’istante, ciò potrebbe essere solo se non è condivisa l’alternativa (preferita) qualificazione delle somme come corrispettivo di un servizio in ambito portuale, cui sarebbe applicabile il regime di non imponibilità ex articolo 9, n. 6, del Dpr 633/72 tanto nell’addebito dal terminal/armatore allo spedizioniere, quanto nella fase del riaddebito dallo spedizioniere al committente.
Il tema della non imponibilità viene solo accennato nel documento – con richiami normativi (articolo 3, Dl 90/1990) e interpretativi (risoluzione 176/2000) – perché superato dalle conclusioni sulla natura degli addebiti. Oneri di demurrage (e di port storage) e oneri di detention, secondo le Entrate, «sembrano» infatti assimilabili alle “controstallie” previste dal Codice della navigazione: cioè i compensi (articolo 446, Rd 327/1942) dovuti quando il carico/scarico della nave non viene eseguito entro i giorni concessi (giorni di “stallia”).
Senza esplicitare le ragioni per cui tali somme non sarebbero imputabili al corrispettivo di un’obbligazione contrattuale – e tacendo sulla presunta assenza di sinallagma fra obbligo dell’armatore (o gestore del terminal) e importo richiesto per prolungare la sosta – la pronuncia afferma che la controstallia consiste in una penalità dovuta quale “sanzione” per il mancato compimento delle operazioni portuali nei tempi dati. Da cui deriva la sua esclusione dall’imponibile Iva.
Le indicazioni europee
Questa spiegazione, però, non convince appieno; anche alla luce delle indicazioni della giustizia europea in materia doganale. Con la sentenza nella causa C-11/89, la Corte di giustizia Ue ha infatti espressamente stabilito che i compensi di controstallia, che consistono in indennizzi previsti a vantaggio dell’armatore, destinati a compensare i ritardi durante le operazioni di carico, devono considerarsi compresi nella nozione di “spese di trasporto”. Nello stesso senso la successiva sentenza nella causa C-59/16, secondo cui la nozione di spese di trasporto va interpretata in maniera ampia, posto che il valore in dogana delle merci deve tenere conto di tutti gli elementi dotati di valore economico.
Le stesse Dogane, del resto, trattando della dichiarazione di valore delle merci, precisano che essa serve a verificare il calcolo dei costi rilevanti a tale scopo: fra cui sono compresi quelli a titolo di controstallia, influenti sull’imponibile ai fini daziari e dell’Iva all’importazione (circolare 29/D/2005). Inoltre, sempre in base alla sentenza C-59/16, la nozione di spese di trasporto rappresenta una nozione autonoma di diritto dell’Unione europea che deve formare oggetto di un’interpretazione altrettanto autonoma e uniforme, sulla quale non possono incidere le eventuali diverse definizioni e interpretazioni del diritto nazionale. Concetto, quest’ultimo, che è ribadito dalla sentenza C-295/17 sulla rilevanza ai fini Iva degli importi versati a titolo d’indennizzo per la risoluzione anticipata di contratti di servizio. Affermando che tali importi vanno considerati come il corrispettivo di una prestazione di servizi e sono quindi soggetti a imposta, i giudici evidenziano che la questione va risolta fornendo un’interpretazione autonoma e uniforme, essendo ininfluente il fatto che, nel diritto nazionale, gli importi rappresentino un risarcimento danni, una penalità o un indennizzo.
Le conclusioni della consulenza appaiono dunque un po’ affrettate. Anche perché, considerando proprio il caso di merci importate via mare, le somme addebitate per demurrage/detention entrerebbero come spesa di trasporto nel calcolo dell’Iva all’importazione, ma sarebbero poi escluse dall’imponibile nella fase del loro riaddebito dallo spedizioniere al committente/importatore, in quanto relative a una penalità.
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class="a-cura-di_R21">di Cristina Odorizzi