Imposte

Nuove regole del Dl Sostegni-bis sulle note di variazione: caso per caso, come si recupera l’Iva

L’applicazione del nuovo articolo 26 del Dpr 633 tra chiarimenti delle Entrate e pronunce della Corte Ue

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di Benedetto Santacroce

Esaminiamo le nuove regole partendo da un caso concreto. Il 1° gennaio 2021 la società Alfa ha emesso una fattura di 10.000 euro + Iva (2.200 euro) nei confronti della società Beta per la fornitura di beni X. Il cliente però tarda a pagare il debito. Cosa può fare il fornitore Alfa per tutelare i suoi interessi di creditore con riferimento all’Iva non riscossa?

1. VERIFICA SULL’OPERAZIONE FATTURATA

Per poter recuperare l’Iva nei confronti di Beta attraverso l’emissione di una nota di credito Iva, è anzitutto necessario che l’operazione originaria sia fatturata e registrata e l’imposta effettivamente versata. Ne consegue che la cessione in questione è ammessa alla procedura di recupero dell’imposta in quanto documentata da fattura e non dallo scontrino o ricevuta fiscale.

Avvertenze e casi particolari

Nel caso specifico in cui il mancato pagamento del corrispettivo di Beta determina la risoluzione contrattuale, il fornitore può emettere una nota di credito senza osservare il limite temporale di un anno dell’effettuazione dell’operazione. Resta fermo il termine per emettere la nota dettato dall’articolo 19 del Dpr 633/72, corrispondente al termine ultimo per esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva (risposta a interpello 119/2021).

2. VERIFICA SUL MANCATO PAGAMENTO

In secondo luogo, il mancato pagamento (in tutto o in parte) della fattura deve essere causato dal fatto che:

a) la società Beta è in procedura concorsuale;

b) la società Beta ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (articolo 182-bis della legge fallimentare) o un piano attestato (articolo 67, comma 3, lettera d, della legge fallimentare);

c) è stata esperita nei confronti di Beta una procedura esecutiva individuale rimasta infruttuosa.

L’Iva che corrisponde alla variazione (2.200 euro) può essere detratta dalla società Alfa ai sensi e nei tempi di cui all’articolo 19 del Dpr 633/1972, registrandola nel registro Iva acquisti (articolo 25 del Dpr 633/1972) a partire da:

a) l’apertura della procedura concorsuale, ovvero

• dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento,

• dal provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa,

• dal decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi;

b) la data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti (articolo 182-bis della legge fallimentare) o la data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato (articolo 67, comma 3, lettera d, della legge fallimentare);

c) l’esito infruttuoso di una procedura esecutiva individuale, ovvero

• nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare,

• nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità,

• nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.

Avvertenze e casi particolari

Seguendo l’orientamento del Fisco, nel caso in cui Beta sia sottoposta a procedura fallimentare, sarebbe necessaria l’insinuazione al passivo (circolare 77/E/2000 e risposte a interpello 33/2020, 261/2020). Diversamente secondo la Corte di giustizia, sentenza C-146/19, il diritto alla riduzione dell’Iva assolta e relativa ad un credito non recuperabile deve essere ammesso anche qualora il creditore abbia omesso di insinuare tale credito nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del suo debitore.

Se Beta è sottoposta a procedura fallimentare in data precedente al 26 maggio 2021 (ovvero prima dell’entrata in vigore delle modifiche all’articolo 26 del Dpr 633/1972 apportate dall’articolo 18 del Dl 73/2021), occorre far riferimento al precedente quadro normativo, sicché Alfa potrà recuperare l’Iva, non corrisposta, con nota di variazione solo all’esito infruttuoso della procedura fallimentare (scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto finale oppure, in sua assenza, di quello per opporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento). Su questo punto, Assonime ha chiesto una modifica normativa (si veda l’articolo sul Sole 24 Ore).

Secondo le precedenti disposizioni, lo stesso dicasi per l’ipotesi di concordato fallimentare, ove la nota di variazione, può essere emessa alla data del passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato; per il concordato preventivo, al momento in cui il debitore concordatario adempiva agli obblighi assunti in sede di concordato (circolare 31/E/2014).

La possibilità per Alfa di emettere la nota di variazione dell’Iva già al momento dell’apertura della procedura concorsuale a cui è sottoposta Beta vale, infatti, solo se quest’ultima è stata avviata dal 26 maggio in poi ed è giustificata dalla modifica dell’articolo 26 Dpr 633/1972 disposta per superare l’incompatibilità della norma nazionale con l’articolo 90 della direttiva 2006/112/Ce ed il principio di neutralità. Secondo la Corte di giustizia (sentenze C-246/16, C-335/19), infatti, in caso di mancato pagamento del debitore, la rettifica della base imponibile deve essere garantita quando il creditore segnala, prima dell’esito della procedura di insolvenza o di liquidazione, l’esistenza di una probabilità ragionevole che il credito non sarà saldato. Vincolare la stessa al termine della procedura è uno svantaggio eccessivo in termini di liquidità per i creditori rispetto ai loro concorrenti di altri Stati membri. Rimane aperta, in tal senso, la questione sulla legittimità della norma interna in riferimento a tutti i casi in cui le procedure di recupero del credito (concorsuali ed esecutive individuali) si protraggono per anni.

Qualora Alfa voglia recuperare il suo credito nei confronti di Beta attraverso una procedura esecutiva individuale, ai fini della rettifica dell’Iva, occorre aspettare l’esito infruttuoso della procedura e non è possibile recuperare il proprio credito d’imposta al momento dell’avvio.

Seguendo l’orientamento della Corte di giustizia (sentenze C-127/18, C-335/19), la rettifica della base imponibile e dell’Iva, in caso di mancato pagamento di Beta non più soggetto passivo Iva, dovrebbe essere sempre ammesso. Al contrario, l’Agenzia delle Entrate ritiene che non è ammissibile l’emissione di una nota di variazione in diminuzione dell’Iva, allorché Beta sia cancellata dal registro delle imprese senza che il credito di Alfa sia stato soddisfatto (risposta a interpello 219/2020).

Seguendo la posizione delle Entrate adottata nelle risposte ad interpello 192/2020 e 119/2021, Alfa può emettere la nota di variazione in diminuzione al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno in cui si è verificata la causa che ha fatto venir meno l’operazione originaria. In altre parole, se il 30 giugno 2021 è stata pubblicata la sentenza dichiarativa del fallimento di Beta, la nota di variazione in diminuzione va emessa entro il 30 aprile 2022. L’imposta detratta confluirà nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale Iva di riferimento (ossia, nella fattispecie in esame, la dichiarazione 2022 relativa al periodo d’imposta 2021.

3. LA RETTIFICA DELLA DETRAZIONE

In linea generale, Beta, se ha originariamente registrato l’acquisto nel registro di cui all’articolo 25 Dpr 633/1972, pur non avendo corrisposto l’imposta in rivalsa al proprio fornitore, nel momento in cui riceve la nota di credito Iva emessa da quest’ultimo deve rettificare la detrazione.

Nello specifico, Beta deve registrare la variazione nel registro Iva delle vendite (o dei corrispettivi) nei limiti della detrazione già operata (2.200 euro).

Se Beta è un soggetto sottoposto a procedura concorsuale non è tenuta a registrare la variazione della detrazione. Diversamente, nel caso di accordo di ristrutturazione dei debiti e di piano attestato la rettifica va fatta.

Avvertenze e casi particolari

L’«esonero» dalla rettifica della detrazione dell’Iva non pagata opera, infatti, solo nel caso di procedure concorsuali, per cui non vi rientrerebbero gli accordi di ristrutturazione dei debiti ed il piano attestato. In tali ultime circostanze, Beta dovrebbe registrare la variazione nel registro Iva delle vendite (articolo 23 o articolo 24 del Dpr 633/72) nei limiti della detrazione originariamente operata. Si presume che questa diversità di trattamento discenda dalla peculiare natura privatistica degli accordi di ristrutturazione dei debiti e del piano attestato, rispetto alla quale gli interessi dell’Erario vanno in qualche modo tutelati.

4. L’EVENTUALE VARIAZIONE IN AUMENTO

Se successivamente alle rettifiche sopra indicate effettuate sia dal lato del creditore (Alfa) sia dal lato del debitore (Beta), quest’ultimo paga il corrispettivo (in tutto o in parte), scatta nuovamente l’obbligo per Alfa di variare in aumento il proprio debito Iva nei confronti dell’Erario.

Anche Beta, che abbia assolto in precedenza l’obbligo di rettificare, diminuendola, la detrazione dell’imposta, acquista il diritto di portare in detrazione l’Iva corrispondente alla variazione in aumento, ai sensi dell’articolo 19 del Dpr 633/1972.

Avvertenze e casi particolari

La possibilità di rettificare l’Iva quando il pagamento, seppur tardivo, viene comunque effettuato, garantisce la neutralità del tributo senza arrecare alcun pregiudizio alle casse erariali. La stessa flessibilità nell’effettuare la rettifica dell’Iva dovrebbe essere garantita anche nella fase iniziale (secondo step), soprattutto per i crediti di piccolo importo. Al riguardo sarebbe almeno opportuno un allineamento della disciplina Iva a quella sulle imposte dirette. Riguardo ai crediti di basso importo, infatti, l’articolo 101, comma 5, del Tuir prevede che le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e che questi ultimi sussistono, in ogni caso, quando il credito sia di modesta entità (5.000 euro per le imprese di grandi dimensioni, 2.500 euro per le altre) e sia decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Lo stesso dovrebbe valere anche ai fini della rettifica dell’Iva.

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