Imposte

Terzo settore beffato sul tax credit per mascherine e Dpi: spetta solo per le attività commerciali

Agevolazione valida solo per le attività commerciali degli Enc e non per quelle istituzionali


Gli enti non commerciali accedono al credito d’imposta sulle spese di sanificazione degli ambienti e per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale ma solo se inerenti ad attività poste in essere nello svolgimento di attività commerciali. Nessuna agevolazione invece quando le stesse spese sono sostenute per settori di attività che rientrano fra quelli di carattere istituzionale o d’interesse generale.

La linea interpretativa deriva dall’impianto normativo che disciplina il credito d’imposta, basata sul presupposto della rilevanza reddituale Ires delle attività d’impresa, che escluderebbe gli enti che svolgono attività economica, ad esempio nel settore socio assistenziale, sanitario e del soccorso, perché riconducibili a settori ed attività decommercializzati (ad esempio Onlus e Organizzazioni di volontariato), anche se sono totalmente coinvolti in attività primarie per il contrasto dell’emergenza, anche con i loro immobili comunque produttivi di reddito tassabile. Questi soggetti fino dall’inizio dell’emergenza sono stati costretti ad ingenti acquisti di servizi e beni di questa tipologia in costante incremento.

Sfumata l’opportunità dell’ampliamento della portata dell’articolo 64 in sede di conversione decreto «cura Italia» (Dl 18/2020), potrebbe essere invece la conversione del decreto liquidità» l’occasione per introdurre una disposizione inclusiva, ma in attesa dell’emanazione del decreto ministeriale che disciplinerà criteri, modalità di applicazione e fruizione del credito d’imposta occorre individuare le condizioni di applicabilità effettiva o potenziale agli enti in assenza di indicazioni ufficiali dell’agenzia delle Entrate.

Le norme
Gli articoli 64 e 30, rispettivamente dei decreti “cura Italia” e “liquidità”, incentivano la sanificazione degli ambienti di lavoro, l’acquisto di strumenti di lavoro e distanziamento, nonchè dispositivi di protezione personale dei lavoratori, prevedendo un credito d’imposta del 50% delle spese sostenute e documentate fino ad un massimo di 20mila euro per ciascun esercente attività d’impresa, arte o professione.

L’attività commerciale
Legando la definizione di impresa al concetto di reddito che ne deriva, è possibile affermare che anche per gli enti, che svolgono contemporaneamente attività commerciali e non e sono quindi impegnati, in via non prevalente, nello svolgimento di attività economiche, produttive di reddito d’impresa, sia normalmente ammissibile l’accesso al credito d’imposta per la parte commerciale di attività agli effetti Ires. Quindi, in altre parole, i dispositivi destinati al personale che svolge attività in ambito di settori commerciali dell’ente (produttivi di redditi d’impresa), unitamente ai servizi di sanificazione e costi per beni destinati a spazi ed immobili degli stessi settori, possono costituire base di calcolo per il credito d’imposta. La tesi è avvalorata dalla risposta nelle Faq del Ministero dell’economia che riconosce il credito d’imposta negozi anche ad associazioni culturali dotate di partita Iva.

L’attività promiscua
In caso di acquisto di servizi di sanificazione o di beni e dispositivi di protezione personale, destinati ad essere indistintamente impiegati in attività istituzionali e commerciali, il computo per il credito dovrà avvenire con individuazione sulla base di criteri e parametri distintivi oggettivi (ad esempio quantità e superfici). Per il caso specifico non apparirebbe invece idoneo l’utilizzo di criteri proporzionali, legati ai ricavi, commerciali e non, come avviene per la generalità dei costi promiscui (articolo 144, comma 4, Tuir).


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