Controlli e liti

Srl estinta, il socio ha diritto alla restituzione dell’intero credito d’imposta

Per la Cassazione la cancellazione dal registro imprese comporta un fenomeno successorio

di Laura Ambrosi

Il socio della società estinta ha diritto ad ottenere la restituzione dell’intero credito di imposta dell’ente: la cancellazione dal registro imprese, infatti, comporta un fenomeno successorio e le attività si trasferiscono in regime di proprietà indivisa tra tutti i soci. Ad affermare questo principio è la Cassazione, con la sentenza 19641/2020 depositata il 21 settembre.

La vicenda trae origine dal diniego di un rimborso vantato da una Srl cancellata tempo prima dal registro imprese. L’agenzia delle Entrate negava la restituzione del credito perché l’istanza era stata presentata dal liquidatore dopo l’estinzione dell’ente.

L’ex liquidatore e socio proponeva così ricorso dinanzi il giudice tributario che veniva integralmente accolto in primo grado.

La decisione veniva però parzialmente riformata in appello: la Ctr, infatti, riteneva che a seguito della cancellazione, il socio era legittimato ad ottenere una quota di rimborso in misura proporzionale alla sua partecipazione al capitale sociale.

L’ex liquidatore e socio ricorreva quindi in Cassazione lamentando, in estrema sintesi, un’errata applicazione della norma.

I giudici di legittimità hanno ritenuto fondata la doglianza.

Innanzitutto, la Cassazione ha evidenziato che l’impugnazione era stata proposta dallo stesso soggetto nella duplice veste di ex liquidatore e di socio.

Il liquidatore però della società già cancellata dal registro imprese non ha alcuna legittimazione nei confronti dell’ente, con la conseguente inammissibilità del ricorso proposto.

Diversamente, invece, il socio agisce «nell’interesse della cosa comune». In tale contesto, la Suprema Corte ha ricordato il principio affermato dalle sezioni Unite (6070/2013) secondo il quale qualora all’estinzione della società di persone o di capitali sussistano rapporti non definiti, si determina un fenomeno di tipo successorio. Ne consegue così che l’obbligazione si trasferisce ai soci così come i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione che si trasferiscono in regime di contitolarità o comunione indivisa.

Per tale ragione, infatti, è esclusa l’ipotesi di litisconsorzio per l’azione individuale di uno dei “comunisti”.

La Cassazione ha pertanto affermato che il socio della società estinta può legittimamente agire per ottenere l’intero credito dell’ente. La Ctr aveva errato accogliendo il ricorso limitatamente alla quota di partecipazione al capitale sociale, poiché anche solo, il socio poteva agire per ottenere l’integrale rimborso.

La decisione è particolarmente interessante poiché smentisce un’interpretazione dell’agenzia delle Entrate che ha costretto a numerosi contenziosi.

Occorre premettere che nel 2014, il decreto semplificazioni (Dlgs 175/2014) ha previsto che ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società, in deroga alle regole civilistiche (articolo 2495 del Codice civile) ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese.

Secondo l’agenzia delle Entrate (Telefisco 2015) non solo tale norma riguarderebbe i debiti tributari, ma in ogni caso, per i crediti il diritto al rimborso sarebbe riconosciuto, pro quota, ai soci.

A ben vedere, però, la tesi dell’Agenzia ed il comportamento conseguente degli Uffici sembra quasi più volto a trovare l’ennesimo cavillo per negare la restituzione del denaro.

Tale atteggiamento però oltre a minare concretamente al decantato rapporto di collaborazione e buona fede tra fisco e contribuente, rischia di intasare e rallentare la giustizia tributaria, per questioni assolutamente risolvibili con un minimo di buon senso.

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