Controlli e liti

Accise sull’elettricità, la prescrizione del credito non legittima l’accertamento sprint

La sentenza 22684 della Cassazione ha confermato la nullità dell’avviso notificato prima dei 60 giorni dal rilascio del pvc

La sentenza 22684/2020 della Cassazione ha nuovamente affrontato il tema del mancato rispetto del contraddittorio preventivo, confermando la nullità dell’accertamento notificato prima del termine dilatorio di 60 giorni, previsto dall’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 (Statuto del contribuente) in ipotesi di accessi, ispezioni e verifiche, decorrente dal rilascio del processo verbale di constatazione (pvc). Si tratta per la Corte di un termine a difesa del contribuente che deve essere sempre rispettato dall’amministrazione finanziaria, salva l’esistenza di motivi di particolare e documentata urgenza.

Il verbale dicembrino non giustifica l’urgenza
La fattispecie esaminata dalla Corte riguarda una verifica fiscale in tema di accise sull’energia elettrica, conclusasi con il rilascio del verbale di constatazione in data 3 dicembre 2007 e la successiva notifica dell’avviso di pagamento in data 17 dicembre del medesimo anno. Contro l’atto impositivo, il contribuente – peraltro in tempi “non sospetti”, quando il contraddittorio endoprocedimentale rappresentava una mera chimera – eccepiva, tra gli altri motivi, la nullità dell’atto emesso ante tempus. Dal canto suo, l’amministrazione evidenziava che l’avviso era stato notificato in tempi celeri per evitare l’imminente prescrizione del credito erariale.

La Corte ha tuttavia accolto le tesi del contribuente ed ha stabilito che il rischio di incorrere nella prescrizione della pretesa tributaria non rappresenta un motivo di particolare e documentata urgenza che giustifica l’inosservanza del termine dilatorio (nello stesso senso Cassazione 18941/2015).

Il contraddittorio nelle accise
Si tratta di principi oramai consolidati, che tuttavia la sentenza 22684 del 19 ottobre 2020 ritiene applicabili anche al settore delle accise, ancorché si tratti di imposte armonizzate. Di qui l’importanza della pronuncia, che affronta un’ipotesi in cui si rende in astratto applicabile sia la tutela del contraddittorio di fonte comunitaria, trattandosi di imposte armonizzate, sia la tutela di fonte interna, in quanto si trattava di un accertamento derivante da accesso.

Nell’ipotesi di tributi armonizzati, esiste un principio generale di instaurare il contraddittorio, la cui mancata attivazione, tuttavia, comporta la nullità dell’atto solo laddove il contribuente fornisca la prova di resistenza (Cassazione, sezioni Unite, 24823/2015). Ma tale prova non è stata richiesta dalla Corte, perché è stata ritenuta applicabile al caso di specie la tutela “espressa” del contraddittorio prevista dalla normativa nazionale in tema di accessi, ispezioni e verifiche. La Corte ha quindi modulato la tutela del contraddittorio in ragione della fonte di innesco dell’accertamento, e non del tributo oggetto dell’attività impositiva, privilegiando la tutela interna, che è più ampia, perché conduce alla nullità dell’atto emesso ante tempus, a prescindere da qualsiasi valutazione in ordine alla fondatezza delle eventuali ragioni che il contribuente avrebbe potuto proporre in sede di contraddittorio. Si tratta di una tutela rafforzata, che per le accise peraltro si applica (si veda in tal senso la sentenza della Ctr Lombardia relativa all’articolo 19 del Tua) anche per gli accertamenti derivanti da verifiche a tavolino, secondo quanto prevede la normativa interna.


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