Compensi percepiti a fine attività: anche per i forfettari sono redditi diversi
L’interpello 299 dà una soluzione per chi non ha incluso i redditi da percepire nel modello dell’ultimo anno d’attività
Il compenso percepito dal professionista dopo che ha cessato l'attività, svolta in regime dei minimi, deve essere dichiarato come un reddito diverso; sono le conclusioni a cui è giunta l’agenzia delle Entrate con la risposta a interpello 299, di mercoledì 2 settembre.
La casistica, simile a quella analizzata dall'Agenzia delle Entrate, si ritiene applicabile anche ad un soggetto in regime forfetario.
Il quesito
L’istanza posta ai tecnici delle Entrate riguarda un contribuente, residente all’estero, che dalla fine del 2017 non è più titolare di partita Iva e che nel periodo in cui ha svolto l’attività aveva optato per il regime agevolato dei minimi. Dopo che aveva cessato l’attività, nel corso del 2019, gli erano stati liquidati alcuni crediti relativi ad un patrocinio esercitato a spese dello Stato, per i quali aveva emesso la fattura elettronica.
Le somme, liquidate dopo la cessazione dell’attività, sono riportate nella CU 2020, periodo di imposta 2019, come redditi di lavoro autonomo. Il problema, evidenziato nel quesito, consiste nel fatto che nel modello Redditi persone fisiche 2020, periodo di imposta 2019, il contribuente non può inserire l’importo percepito nell’apposito quadro LM perché non è più titolare di partita Iva, avendo cessato qualsiasi attività.
La risposta delle Entrate
L’agenzia delle Entrate nel richiamare la normativa di riferimento e i documenti di prassi ministeriale emanati, evidenzia che i contribuenti che accedono ai regimi agevolati possono far concorrere alla determinazione del reddito anche ricavi ancora da incassare al momento della chiusura della partita Iva, imputando all’ultimo anno di attività anche le operazioni che non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria. Tale criterio, evidenziano i tecnici delle Entrate, ha valenza per qualsiasi tipo di attività sia professionale o d’impresa esercitata, poiché i soggetti che accedono ai regimi agevolati determinano comunque il reddito secondo il criterio di cassa.
Nel caso in esame, tuttavia, il contribuente istante ha dichiarato di aver svolto la sua attività professionale fino a fine 2017, nel regime dei minimi e pur avendo fatturato il compenso in questione prima della chiusura della partita Iva, non si è avvalso di tale facoltà. L’Agenzia evidenzia che il presupposto che contribuente istante nel corso del 2019, quando ha incassato il compenso non avesse la partita Iva aperta comporta il fatto che non è possibile riscontrare il requisito soggettivo dell'abitualità; tale requisito è alla base delle attività di lavoro autonomo, secondo i criteri dettati dall’articolo 53, del Tuir.
La soluzione
L’Agenzia, pertanto, ritiene che l'unico criterio per dichiarare il compenso percepito dal contribuente istante, sia quello di indicarlo come un reddito diverso in base all’articolo 67, comma 1, lett. l), del Tuir, inserendolo nel quadro RL, rigo RL15, del modello Redditi Persone fisiche 2020.