Imposte

Imponibile il corrispettivo per l’indennizzo anche se correlato a un costo indeducibile

La sentenza 17011/2020 della Cassazione: la derivazione rafforzata consente al Fisco di accertare la corretta contabilizzazione

immagine non disponibile

di Giacomo Albano

È imponibile il corrispettivo incassato da una società a titolo di indennizzo, benché correlato ad un componente negativo fiscalmente indeducibile, rappresentato nello specifico da imposte pagate a seguito di un accertamento con adesione. È quanto afferma la Cassazione nella sentenza 17011/2020 (depositata il 13 agosto), che accoglie il ricorso dell’agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia e, decidendo nel merito, rigettando il ricorso introduttivo della società ricorrente.

La controversia
La controversia origina da un’istanza di rimborso presentata da una società di capitali, che aveva acquistato una partecipazione in una società, poi fusa per incorporazione. L’atto di compravendita prevedeva – come avviene di solito - un obbligo di indennizzo in capo al venditore a fronte della sopravvenienza di oneri riferiti alla vecchia gestione della società ceduta e delle sue partecipate.

Successivamente, la società acquirente/incorporante – che nel frattempo era diventata Ias adopter - riceveva dal venditore un indennizzo a fronte di un accertamento (definito in adesione) contestato alla società incorporata. L’indennizzo era contabilizzato, anche sulla base di un parere della società di revisione, a diretta compensazione dell’onere per imposte, quindi senza passaggio a conto economico (se non per la quota parte di onere non coperto dall’indennizzo contrattuale).

La società riteneva infatti che l’indennizzo avesse valenza puramente patrimoniale, avendo la finalità di ripristinare il valore patrimoniale della società ceduta e che in base al principio contabile internazionale Ias 1 (paragrafi 32-35) fosse consentito operare una compensazione tra costi (oneri fiscali derivanti dall’adesione) e ricavi (indennizzo ricevuto a copertura degli oneri fiscali) ai fini di una migliore rappresentazione dei fatti. La possibilità di non far transitare il ricavo a conto economico, alla luce del principio di derivazione rafforzata per i soggetti Ias, avrebbe comportato l’irrilevanza fiscale delle somme incassate.
Inoltre, sosteneva la società, la tassazione dell’indennizzo avrebbe violato un principio di «simmetria fiscale», essendo lo stesso correlato ad un onere non deducibile (le imposte pagate).

La Suprema corte respinge innanzitutto l’impostazione contabile del contribuente, affermando che nel caso specifico non vi erano i presupposti previsti dai principi contabili internazionali per derogare al divieto di compensazione tra partite (paragrafo 31 Ias 1). Sotto tale profilo, i giudici di legittimità ribadiscono che il principio di derivazione rafforzata consente al Fisco di accertare la corretta applicazione dei principi contabili adottati.

La natura dell’indennizzo
La sentenza affronta poi la natura dell’indennizzo, che viene qualificato come clausola di garanzia/indennità e non come clausola di aggiustamento del prezzo. Tale qualificazione, peraltro, non era contestata dalle parti.

Tale clausola di indennizzo, osserva la Corte, ha una funzione di garanzia (di tipo assicurativo) ed è finalizzata a tenere indenne il cessionario dagli effetti pregiudizievoli sul patrimonio della società acquisita, derivanti da determinati eventi. In tal senso, l’indennizzo è riconducibile alle sopravvenienze attive previste dall’articolo 88, comma 1, lettera a) del Tuir quali fattispecie imponibili ai fini Ires (indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, di danni), e a nulla rileva che tale qualificazione comporta un’asimmetria tra costi indeducibili (le imposte) e ricavi imponibili (l’indennizzo).

Infatti, l’indennizzo serve a ristorare l’effetto pregiudizievole di determinati eventi sul patrimonio della società ceduta, e pertanto l’onere per imposte (indeducibili) rappresenta l’evento al cui verificarsi si produce l’effetto sulla consistenza patrimoniale da ristorare e non il componente negativo da porre in relazione all’indennizzo.

Pertanto, secondo la Corte non può affermarsi l’irrilevanza fiscale dell’indennizzo facendo leva sull’indeducibilità del costo che lo ha reso dovuto.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©