Immobili strumentali, interventi agevolati anche per l’impresa in affitto
Le spese sostenute per adeguare negozi, capannoni e uffici alla Fase 2 sono deducibili (e l’Iva detraibile)
Tra i tanti problemi che affliggono gli imprenditori e i professionisti alle prese con la “ripartenza” dopo il lockdown non dovrebbero figurare i timori sulla deducibilità delle spese sostenute (e sulla detraibilità dell’Iva) per rendere negozi, capannoni e uffici in linea con i vari protocolli studiati per l’attuale Fase-2. Almeno stando all’esame della giurisprudenza prevalente (di legittimità e di merito), che da anni si mostra contraria a un atteggiamento del Fisco teso a disconoscere l’inerenza di queste spese valorizzando strumentalmente la loro natura straordinaria (che le renderebbe utili solo al proprietario dell’immobile).
Il distanziamento sociale di dipendenti e clienti e le accresciute esigenze di ventilazione e di collegamento a distanza comporteranno nel brevissimo termine una “rimodulazione” degli spazi lavorativi (si veda il Documento tecnico Inail sulle strategie di prevenzione nei luoghi di lavoro, diffuso ad aprile), con oneri anche rilevanti sugli immobili. E sarà spesso l’utilizzatore dei locali a farsene carico: sia perché questi interventi sono necessari alla sua attività professionale o d’impresa, sia perché vanno realizzati con urgenza. Mentre il proprietario – che magari avrà dovuto accettare una dilazione nei pagamenti, se non una riduzione temporanea del canone (si veda Il Sole24 Ore del 27 aprile scorso) – potrà mostrarsi restio ad accollarsele.
Le contestazioni del Fisco
In passato, l’Agenzia ha spesso contestato la deducibilità da parte del conduttore o del comodatario delle spese connesse agli interventi sull’immobile, criticandole sotto il profilo dell’inerenza e della titolarità giuridica a sostenerle. Secondo questa tesi, accollandosi degli oneri che – essendo di natura straordinaria – spetterebbero al proprietario, il locatario (o comunque l’utilizzatore dei locali) farebbe una sorta di “regalo” al proprietario, il quale vedrebbe incrementare il valore dei suoi immobili senza sostenere alcun costo specifico. Si tratterebbe - stando a quel che si è letto in alcuni avvisi di accertamento - di una sorta di “liberalità” del conduttore: per cui sarebbe illegittima la deduzione del costo, così come indetraibile la relativa Iva.
L’orientamento dei giudici
Assai diverso è l’orientamento prevalente in giurisprudenza. La Corte di cassazione (anche a Sezioni unite, si vedano le schede in pagina) ha più volte sostenuto come, al di là della distinzione civilistica tra “spese ordinarie” e “straordinarie” e degli obblighi giuridici nascenti dal contratto, il corretto approccio a questa fattispecie deve attribuire rilevanza all’utilità delle spese sostenute, e al loro collegamento con l’attività d’impresa o professionale che viene svolta nei locali oggetto di intervento.
Non rileva, quindi, di chi è la titolarità dell’immobile e chi avrebbe teoricamente il titolo giuridico per sostenere la spesa, quanto piuttosto la circostanza che i costi (correttamente documentati) siano sostenuti al fine di realizzare il miglior esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale e aumentare la redditività.
I costi agevolati
Non vi è dubbio che le spese che gli utilizzatori degli immobili stanno sostenendo in queste settimane per riprendere la propria attività – pur nella contingente necessità di evitare situazione di contagio, applicando regole e protocolli obbligatori – siano strettamente inerenti, collegate direttamente ai ricavi e proventi che, tra mille difficoltà, imprenditori e professionisti stanno cercando di realizzare. Tali oneri, pertanto, si qualificano come pienamente deducibili, così come l’Iva addebitata in fattura risulta detraibile e può, alle condizioni riportate in diverse sentenze della stessa Cassazione, formare oggetto di rimborso.
Ciò non toglie che, per evitare contestazioni, è consigliabile formalizzare per iscritto (con data certa) l’assenso del proprietario agli interventi e l’eventuale deroga alle norme contrattuali e codicistiche sul sostenimento delle spese. Ed è anche opportuno evitare riferimenti a “scambi” tra lavori da realizzare e riduzione di canoni, i quali, fiscalmente, potrebbero essere qualificati come delle vere e proprie permute (Cassazione 28725/2017, Ctr Lazio 3454/14/2017, Ctp Milano 1185/7/2018 e Ctp Firenze 551/1/2017; ma in senso contrario, Ctr Lombardia 2375/12/2019 e Ctp Milano 2820/3/2018).
La giurisprudenza
Deducibilità delle spese
Cassazione, ordinanza 11907/2019
Sono deducibili le spese per ristrutturare l'immobile usato per svolgere l'attività imprenditoriale e ad essa strumentale, condotto in locazione. Rileva che i costi siano stati sostenuti per il miglior esercizio dell'attività e l'aumento della redditività e risultino dalla documentazione contabile. In senso conforme: Cassazione, sentenze 18934/2018, 17421/2016, 4596/2016, 24277/2015, 16596/2015; ordinanza 1788/2017.
Detraibilità dell’Iva
Cassazione, Sezioni unite, 11533/2018
Diritto alla detrazione Iva per lavori di ristrutturazione o manutenzione anche in ipotesi di immobili di proprietà di terzi, purché ci sia un nesso di strumentalità con l'attività d'impresa o professionale. La strumentalità del bene va verificata prescindendo dalla categoria catastale. In senso conforme: Cassazione, sentenze 8628/2015, 6200/2015; ordinanze 2111/2019, 30218/2018, 23836/2017 e 19191/2017 .
Rimborso dell’Iva
Cassazione, sentenza 6200/2015
Al contribuente spetta la detrazione e di conseguenza il rimborso dell'Iva assolta sul costo dei lavori di ristrutturazione del fabbricato da lui condotto in locazione, e che costituisce un bene destinato all'esercizio dell'attività alberghiera svolta dallo stesso contribuente. In senso conforme: Cassazione, ordinanza 9327/2014. Nel merito: Ctr Sardegna 277/01/2017.